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 2018  aprile 08 Domenica calendario

Orban sulla Ue predica male e razzola bene

Le urne della “democrazia illiberale” d’Europa verranno aperte oggi, ma il difensore della “patria bianca e cristiana” ha già vinto le elezioni di Budapest. Orban verrà riconfermato per il 3° mandato consecutivo, diventerà di nuovo primo ministro d’Ungheria, ma è già il leader di tutta l’Europa orientale.
I nemici della sua campagna elettorale sono stati i soliti: migranti, ong, Unione europea, George Soros. Nei manifesti elettorali di Fidezs il magnate “ebreo che organizza l’invasione islamica d’Europa” abbraccia in fotomontaggio gli avversari politici del premier: tutti insieme, cesoie alla mano, tagliano la recinzione del confine ungherese. “Ci sono due strade: quella del governo nazionale e non diventeremo un paese per migranti, quella delle persone di Soros e l’Ungheria diventerà un paese per migranti” ha scandito Orban, avverso all’Unione europea, ma non ai suoi fondi.
La nebbia degli scandali che si addensa sulla sua cerchia è cominciata con l’Olaf, ufficio anti-frode europeo, per alcuni dei 35 progetti che hanno ricevuto miliardi di finanziamenti da Bruxelles: 17 contratti dal 2013 al 2015 sono finiti alla Elios Innovativ Zrt, società che aveva tra i suoi proprietari Istvan Tiborcz, marito della figlia di Orban. L’ufficio ora rivuole indietro il 4% dei fondi stanziati: sono soldi “frodati o mal spesi”, per casi di “collusione, sospetti di conflitto di interessi, progetti dai costi gonfiati”.
Nei resort di Keszthely sul lago Balaton, dove andavano a riposarsi gli apparatchik sovietici, oggi si concentrano profitti capitalizzati in investimenti degli Orban. I miliardi che il governo ungherese ha stanziato per il turismo entro il 2030 sono 3, di questi 1,4 sono per Balaton. I soldi arrivano dalle tasse dei cittadini e per il 40% dai finanziamenti dell’Unione, ma le mani sulle proprietà nella zona sono dell’amico d’infanzia del premier, Lorinc Meszaros, e ancora del marito di Rahel Orban, suo genero.
Fuori dai confini magiari filospinati, gli interessi dell’élite cresciuta durante il governo Fidesz arrivano fino nei conti offshore del ministro Lajos Kosa, al centro dell’ultimo scandalo finanziario di Budapest per riciclaggio massivo di denaro sporco. Lo scoop è del giornale Magyar Nemzet, galassia mediatica di Lajos Simicska, oligarca ora in esilio. Membro del partito Fidesz dalla sua fondazione, Simicska era l’uomo grigio dietro le quinte durante l’ascesa politica dell’amico Viktor. Dopo un litigio, ha cominciato a sostenere l’estrema destra, che ha fatto della lotta alla corruzione governativa il suo cavallo di troia in campagna elettorale.
A destra di Orban rimane Gabor Vona, a capo di Jobbik, a sinistra rimane il socialista Gergely Karacsony e la sua sentenza: “Orban non governa, regna”. In mezzo un’opposizione divisa in 23 partiti, elettori senza una contro-narrativa forte, una retorica anti-migrazione che rimarrà anche dopo le urne. Le indagini contro l’élite invece forse no.