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 2018  aprile 09 Lunedì calendario

La campagna elettorale più social di sempre fu nel 1948

Ancora echeggiano nell’etere ed in rete gli echi delle promesse e dei programmi delle elezioni del 4 marzo che già si annuncia all’orizzonte la prospettiva di un nuovo ricorso alle urne per uscire dall’empasse, risultato di una infelice legge elettorale ed un elettorato tripartito in fronti apparentemente inconciliabili. Ed è nell’attesa o nella minaccia di una nuova campagna elettorale che il 18 aprile cadono i settant’anni dalle elezioni politiche del 1948. Un evento storico che stabilì gli equilibri politici della nuova Italia repubblicana, preceduto da una campagna elettorale che fissò parole, strumenti, immagini, riprese e riproposte negli anni a venire.
La campagna elettorale per le elezioni del 18 aprile del 1948 inizia di fatto il 17 gennaio del 1947, giorno del rientro dagli Stati Uniti del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi con in tasca un primo assegno di cinquanta milioni di dollari firmato dal presidente americano Herry Truman, in cambio dell’estromissione dei comunisti e socialisti dal governo, che si verifica il 31 maggio del 1947.
Quando, il 1 gennaio del 1948 entra in vigore la Carta Costituzionale, definito un terreno democratico ed istituzionale condiviso, i partiti sono pronti per scontrarsi nella madre di tutte le campagne elettorali.
La prima novità del 1948 è la vastità della mobilitazione, condotta da partiti di massa, che dispongono di strumenti di comunicazione di massa, quali manifesti, riviste, volantini, cartoline, fumetti, filmati, diffusi in enorme quantità, da una massa di propagandisti.
Forti delle vittorie ottenute in diverse elezioni amministrative i comunisti ed i socialisti danno vita al Fronte Democratico Popolare, sotto il simbolo di una stella con il volto di Garibaldi. L’eroe dei due mondi non solo richiama l’epopea risorgimentale dei garibaldini in camicia rossa, ma anche l’esperienza resistenziale delle Brigate Garibaldi. Quel “testimonial” speciale preoccupa non poco gli altri partiti. I muri si riempiono di disegni di Garibaldi che mettono in guardia gli elettori a non confonderlo con i social-comunisti. In una cartolina eccezionale per efficacia l’effige di Garibaldi capovolta si trasforma nel ghigno di Stalin. La Democrazia Cristiana si presenta da sola sotto l’emblema dello scudo crociato. A destra nasce invece il Blocco Nazionale composto dal Partito Liberale, l’Uomo Qualunque ed esponenti monarchici, che nella sua campagna attinge alla creatività di Giovanni Guareschi che su Il Candido disegna vignette memorabili quali “Nel segreto della cabina Dio ti vede Stalin no”.
Protagonisti inaspettati, ma decisivi, sono i Comitati Civici, nati e finanziati per volontà di papa Pio XII. Ufficialmente fondati soltanto l’8 febbraio sotto la guida del Presidente dell’Azione cattolica Luigi Gedda, appoggiandosi alla rete delle diocesi e delle parrocchie formano un esercito di propagandisti che, coordinati da un “Ufficio Psicologico”, invadono il paese di materiale elettorale.
Gli obiettivi dei Comitati Civici che non partecipano alla competizione sono due: combattere il comunismo e l’astensionismo. Per far questo non parlano alla testa delle persone ma alla pancia, avendo capito l’importanza ai fini delle scelte di voto delle componenti emotive ed irrazionali quali l’autostima, l’orgoglio, la paura. Una consapevolezza che i Social Network e le moderne campagne digitali hanno ereditato. Nel coloratissimi manifesti dei Comitati Civici chi non vota è un somaro o un coniglio, teschi indossano il colbacco con la stella rossa. Immagini un po’ rozze secondo alcuni, ma folgoranti per sintesi ed efficacia, alle quali è difficile contrapporre delle argomentazioni. È anche a causa di questo tipo di propaganda che la campagna elettorale assume nel corso delle settimane toni sempre più brutali e violenti, su tutti i fronti.
Le elezioni del ’48 fissano i temi che segneranno il confronto/scontro elettorale negli anni a venire. La contrapposizione fra comunismo e anticomunismo, ancora perfettamente riproposta da Berlusconi nel 1994, a cui fa da contraltare quella fra fascismo e antifascismo, riemersa nell’ultima campagna elettorale. Il coinvolgimento della fede e della religione, con le processioni della Madonna pellegrina, le preghiere elettorali, la negazione dell’assoluzione agli elettori comunisti da parte dell’arcivescovo di Milano Shuster, epigono di chi ancora oggi sui palchi dei comizi giura sul Vangelo. La trasformazione dell’avversario politico in nemico e la sua rappresentazione sotto forma di orco, traditore, pericolo, al fine di privarlo della legittimità politica e della cittadinanza democratica. La diffusione di una propaganda sporca e scorretta, come una falsa lettera inviata a migliaia di elettori da un immaginario cittadino di Trieste che, impossibilitato a votare, chiedeva di votare per lui contro il comunismo.
A dimostrazione che le attuali fake news e falsi post hanno origini lontane. Sino al coinvolgimento di forme di gioco con il concorso Totalvoto, altra trovata dei Comitati Civici, che sul modello del Totocalcio premiava chi indovinava il risultato elettorale a patto che avesse votato. Esattamente come oggi il “Vinci Salvini” ha moltiplicano follower e contatti.
La campagna del ’48 spesso celebrata quale prova di una rinata democrazia, di una passione politica diffusa e di partiti autorevoli nella loro azione di rappresentanza, fu anche una campagna polemica e violenta, segnata da continui scontri, feriti ed anche morti, per mano delle forze dell’ordine guidate dal Ministro degli Interni Mario Scelba, dei fascisti, di criminali al soldo degli agrari. Al punto da indurre Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente, a promuovere un accordo fra i partiti per non disturbare i comizi avversari, a non concedere confronti di piazza, a rispettare la libertà di parola e di voto. E almeno in questo i settant’anni che ci separano dalla campagne elettorale del 1948 sono davvero molto lontani.