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 2018  aprile 06 Venerdì calendario

La prima donna presidente del senato. «Con i veti su Berlusconi non si farà mai un governo». Intervista a Maria Elisabetta Alberti Casellati

È questione di stile. Quello del Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che con grande eleganza e serietà affronta giornate convulse fra consultazioni, incontri istituzionali, delegazioni straniere, e oggi la prima visita ufficiale nella sua terra, il Veneto. Ci accoglie nel suo ufficio, impeccabile come sempre, in uno dei tailleur blu “portafortuna” preparati per lei dall’amica stilista Rosy Garbo. Nel suo ufficio, pochi oggetti raccontano di lei. Vicino al computer, la foto dei figli Alvise e Ludovica con il nipote Giancarlo; dietro alla scrivania, un papiro di congratulazioni firmato dai suoi amici di sempre in occasione della festa a Padova per il nuovo incarico, e accanto, il “cimelio della spunta”: il foglio in cui la senatrice Alessandra Gallone, assieme al gruppo di Forza Italia, ha annotato i voti che il 24 marzo hanno deciso il destino del Presidente. 
Presidente, le consultazioni al Colle sono appena iniziate. Ma al di là della sua composizione, un nodo su tutti, è il rapporto con l’Europa, della quale l’Italia è Stato fondatore. Dalle urne è uscita una pulsione, se non anti-europeista, molto critica verso Bruxelles. 
«Le pulsioni che lei definisce critiche nei confronti dell’Unione europea non sono oggettivamente un fenomeno solo italiano, tutt’altro. Questo significa che ognuno, a partire dalle Istituzioni comunitarie, deve fare uno sforzo supplementare per ridurre la distanza tra i luoghi decisionali e i cittadini. Un’Europa più attenta alle specificità, ai problemi primo fra tutti quello dei flussi migratori e alle eccellenze dei territori non è solo auspicabile, ma possibile. Da questo punto di vista credo che i consensi pressoché unanimi che riscuotono Mario Draghi alla guida della Bce e Antonio Tajani alla presidenza del Parlamento europeo possano essere il miglior biglietto da visita per il nostro Paese». 
Dai sondaggi di questi giorni gli italiani continuano a premiare M5S e Lega, mostrando di apprezzare un esecutivo che li veda al governo insieme. Salvini ha detto a più riprese che a Palazzo Chigi ci dovrà andare il centrodestra unito ma i Cinque Stelle pongono il veto a Berlusconi... 
«Come ho avuto modo di dire in questi giorni, i veti non sono mai un elemento positivo. Ogni preclusione è una forma di limitazione. In democrazia si ha il dovere di parlare con tutti e di rispettare tutti. In un sistema così complesso come mai era stato in passato, dove nessuna forza politica o coalizione ha conseguito la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento, l’unica strada percorribile è il dialogo. Un dialogo che deve quindi necessariamente essere aperto alle differenze, nell’esclusivo interesse degli italiani. Oltre tutto il consenso non è mai stato così volatile, il che dovrebbe spingere tutte le forze politiche ad evitare stalli istituzionali che provocherebbero un prevedibile malcontento tra i cittadini, allontanando ancor di più il Paese reale da chi dovrebbe rappresentarlo». 
Per molti in questo Paese Berlusconi è ancora una forma di ossessione. Lei l’ha sempre strenuamente difeso, l’Italia si libererà mai da questa “ossessione”? Peraltro sembra difficile trovare, nel centrodestra moderato, chi lo possa sostituire. 
«Sostituire Berlusconi non è difficile, è impossibile. Lo dimostrano 25 anni di impegno politico e lo conferma ulteriormente il consenso che gli elettori gli hanno attribuito un mese fa. La vera ossessione mi pare in realtà quella dell’antiberlusconismo a tutti i costi, sempre e comunque, senza alcuna valutazione obiettiva sul suo straordinario contributo alla costruzione di un Paese migliore. Fa piacere però constatare che molti di coloro che lo demonizzavano, a distanza di tanti anni, non solo in Italia, si sono dovuti ricredere». 
Il voto ha fotografato un Paese diviso in due: al Nord Lega e centrodestra, al Sud i Cinque Stelle. Lei è veneta e dal Veneto, oltre che dalla Lombardia e dall’Emilia, è partita la battaglia sull’autonomia. Che in soldoni significa più risorse alle regioni virtuose. Tradotto, più soldi al Nord e meno al Sud. Ci sarà mai una coalizione che avrà il coraggio di affrontare l’impopolarità di questo processo? La vede possibile in Italia una vera riforma federale? 
«La battaglia sull’autonomia non può essere semplificata o circoscritta ad alcune regioni. Si tratta di dare seguito a quanto previsto dalla nostra Costituzione e di realizzare compiutamente quel principio della sussidiarietà che è entrato a pieno titolo come elemento ispiratore del rapporto tra lo Stato e i cittadini. Completare il riassetto delle autonomie locali è, da questo punto di vista, una delle priorità che bisognerà affrontare in tempi brevi se vogliamo avere servizi pubblici sempre più ispirati al principio di buon andamento, garantendo efficacia, efficienza ed economicità». 
Lei è la prima donna nella storia di questo Paese a ricoprire l’incarico di Presidente del Senato. Prima di lei un altro primato lo raggiunse Tina Anselmi, la prima donna ministro. Due donne venete... 
«È un riferimento che mi fa molto piacere. Tra l’altro è veneta anche la prima donna al mondo ad aver ottenuto, a metà del 1600, un dottorato: Elena Lucrezia Corner Piscopia. Ricordo benissimo quando Tina Anselmi fu nominata ministro del Lavoro, era il 1976. Io ero un giovane avvocato e vidi in quel traguardo un fondamentale passo in avanti per tutte le donne impegnate nello studio, nel lavoro e nella gestione familiare. In quel momento le donne che praticavano la professione forense erano meno del 5 per cento». 
Una parte importante del suo discorso di insediamento lo ha dedicato alle donne e ai loro diritti. Fra l’altro è un importante avvocato matrimonialista, specializzata in diritto Canonico nella Pontificia Università lateranense. A sostegno delle donne e delle mamme ci sono montagne di leggi, protocolli, intese. Troppe leggi e ancora molta discriminazione? 
«È innegabile che ci siano ancora delle differenze, anche sotto il profilo dell’equiparazione retributiva. Non è concepibile che a parità di competenze e inquadramento professionale una donna guadagni molto di meno rispetto a un uomo. Lo Stato deve intervenire, a partire dagli strumenti per la conciliazione tra i tempi di vita familiare e di lavoro. Essere donna non può e non deve rappresentare una penalizzazione ma, al contrario, un valore aggiunto». 
Femminismo e femminilità, c’è contraddizione o oggi vanno insieme? 
«Il femminismo ha rappresentato una battaglia importante che ha contribuito all’emancipazione delle donne. Oggi a me pare che abbia esaurito la sua funzione. La femminilità è un modo di esprimere se stesse, che non collide con l’affermazione anche professionale del ruolo della donna». 
Nonostante i tanti impegni di lavoro affrontati con grande serietà, lei è soprattutto mamma. L’ha emozionata di più dover affrontare il primo discorso da Presidente del Senato o vedere esibirsi suo figlio Alvise come direttore d’Orchestra a Central Park? 
«Sono state due emozioni completamente diverse. Difficilmente paragonabili. Il primo discorso da Presidente del Senato l’ho vissuto con una partecipazione ed una intensità assolutamente nuove. La responsabilità del ruolo mi è stata chiara da subito, anche per il largo consenso che ha determinato la mia elezione. Vedere mio figlio dirigere a Central Park è stata un’emozione indimenticabile, che, da mamma, non posso che descrivere ancora oggi con particolare commozione. Negli anni non ho quasi mai perso un suo concerto e il destino ha voluto che proprio il 24 marzo, giorno in cui sono stata eletta Presidente, si sia concluso con la direzione di Alvise al Carlo Felice di Genova. E anche in quell’occasione, ovviamente, non ho voluto fargli mancare la mia presenza e il mio sostegno». 
Figlia di un uomo di legge: la vita e il profilo istituzionali una sorta di predestinazione? 
«La figura di mio padre è stata molto importante per la mia formazione, sia per quanto riguarda gli studi giuridici, sia per il percorso di vita. Non so se si possa parlare di predestinazione. Certamente non posso che ricondurre alla famiglia il senso del dovere che ha sempre animato il mio comportamento. Anche oggi, la mia missione istituzionale è improntata a determinati valori e a quella educazione civica che ci veniva impartita sia in casa che nelle aule scolastiche». 
Lei è stata eletta a Venezia. Che sembra essere di tutti e di nessuno. Governata da Sindaco, (Brugnaro, suo alleato politico), Autorità Portuale, Provveditore alle Opere Pubbliche, Capitaneria di Porto, Demanio, Città Metropolitana... E poi navi sì-navi no, viva i turisti, basta turisti. Cosa ne pensa di questa Venezia stretta fra la sua storia, la sua tutela, la sua “intoccabilità” e il suo bisogno di sopravvivere economicamente. 
«Al di là della campagna elettorale, come tutti i veneti, ma direi come tutti gli italiani, amo Venezia in maniera assoluta. A questa splendida città sono legata dal ricordo di momenti indimenticabili della mia vita. In quest’ultimo periodo ho potuto apprezzare lo straordinario lavoro che sta facendo il sindaco Luigi Brugnaro. La sua concretezza e la sua visione proiettata al futuro sono la migliore garanzia per il mantenimento e l’accrescimento del ruolo della città nel panorama turistico internazionale. Proprio per questo, lo Stato deve farsi carico di mettere gli enti locali nelle condizioni di poter operare avendo a disposizione ogni moderno strumento legislativo, a partire dalla tanto attesa “legge speciale” per Venezia. Un’opportunità che garantirebbe uno sviluppo sostenibile in grado di conciliare le ragioni dell’economia con quelle della tutela e della fruizione di un patrimonio culturale unico al mondo». 
Padova, la sua città. Ora sarà sempre più il suo buèn retiro... 
«Padova è il luogo dell’anima. È la mia casa, da dove tutto è partito e dove tutto, ogni settimana, torna».