Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  aprile 08 Domenica calendario

Alberi di mele, maxi acquisti dall’Italia: Mosca aggira l’embargo

ROMA Sono made in Italy le mele preferite dai russi, ma non crescono in Italia. Sbarrate le porte all’ortofrutta europea per via delle sanzioni imposte a Putin nel 2014, la Russia si è prontamente attrezzata comprando le piante invece dei frutti. «Non sono affatto stupito, era da prevedere che a seguito del divieto di ingresso di molte produzioni, Mosca cominciasse a produrre per proprio conto. Né c’è da meravigliarsi che acquistino le piante di mele proprio in Italia, avendo noi un sistema vivaistico di eccellenza», si lamenta Alessandro Dal Piaz, direttore di Assomela. La Cia-Agricoltori Italiani calcola che dal solo Trentino Alto Adige partivano oltre 18 mila tonnellate di mele, con l’Italia secondo fornitore della Russia dopo la Polonia. A soffrire, comunque, è tutta l’agricoltura italiana come dimostrano i dati forniti da Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. «Le conseguenze dell’embargo russo dice – sono molto pesanti, l’export agroalimentare (senza calcolare le bevande) verso la Russia era di oltre 500 milioni di euro, ora scesi a 370. Azzerato totalmente l’export di frutta che valeva 50-60 milioni di euro». L’impatto «è stato devastante – aggiunge Davide Vernocchi, coordinatore del settore ortofrutta di Alleanza Cooperative e quando il mercato riaprirà, non sarà più come prima, perché la Russia si è organizzata, punta all’autosufficienza e perfino a farci concorrenza».
I NUMERISe è vietato esportare le mele, libera invece è la vendita dei meli. E così sono italiani gli alberi coltivati a perdita d’occhio in Krasnodar, vicino al Mar Nero, e non lontano dalle montagne del Caucaso. Un conteggio approssimativo parla di circa 15 milioni di nuove piante messe a dimora. Tutte specie tipiche italiane (mele rosse Gala, Red Delicious, Fuji, le verdi Granny Smith e le gialle Golden), «perché spiega Mirko Aldinucci del network Italfruit – le loro varietà locali si deteriorano rapidamente e i russi preferiscono a livello gustativo e qualitativo le nostre mele». 
Dall’Italia da quattro anni partono periodicamente container refrigerati carichi di alberi verso le regioni periferiche russe. I fornitori sono alcuni storici vivai del ferrarese come i Mazzoni, Tagliani e Salvi. Solo l’ultimo ordine è stato di due milioni di alberi. «Un mercato interessantissimo», ammette Silvia Salvi, che con il padre e i fratelli gestisce l’azienda che ha 127 anni di vita. «Ogni volta aggiunge si tratta di forniture imponenti per mettere in coltivazione appezzamenti enormi da 500 600 ettari ciascuno». I russi completano poi tutta la filiera della lavorazione, anche accelerando la maturazione dei frutti grazie a tecnologie e know how guarda caso in gran parte italiani.
Ecco così che la notizia dei frutteti e dei mega orti impiantati in Russia accresce le preoccupazioni dei produttori agricoli italiani. Gli investimenti in agricoltura hanno raggiunto nel 2017 i 374,7 miliardi di rubli (6,6 miliardi di dollari) tanto che «entro i prossimi 24 mesi saremo in grado di soddisfare il 90% del nostro mercato con la produzione interna», annuncia gongolante il ministro dell’agricoltura Alexander Tkachev. Che aggiunge: «Non ce lo saremmo mai sognato prima dell’embargo».