la Repubblica, 8 aprile 2018
Il gruppo di Visegrad che scuote l’Ue e il test di Budapest
Che cos’è il Gruppo di Visegrad?
In principio furono Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria: è nel 1991, appunto nella città ungherese di Visegrad, che nasce l’alleanza dei tre Paesi allo scopo di rafforzare la reciproca cooperazione – anche nei campi della cultura, dell’educazione e dell’economia – e di favorire la propria integrazione nell’Unione europea. Nel 1993 l’alleanza diventa a quattro con la divisione di Cecoslovacchia in Slovacchia e Repubblica ceca, ma è nel 2004 che i Paesi di Visegrad entrano nella Ue.
Da che cosa nasce dunque lo scontro aperto tra i quattro e la Ue?
Il fatto è che negli ultimi anni nei quattro Paesi di Visegrad l’onda nazionalista è cresciuta esponenzialmente, soprattutto dopo la svolta autoritaria del secondo governo Orban (2010-2014): è allora che Budapest inizia a mettere pesantemente mano sulla Costituzione, introduce elementi di smaccato conservatorismo sia a livello sociale che in economia. Ma è sui migranti che l’Ungheria mostra il suo volto più duro: no alla distribuzione dei rifugiati, sì alla chiusura delle frontiere, a cominciare dal muro con filo spinato eretto lungo la frontiera con la Serbia. Per quanto riguarda la Polonia, anche qui l’onda nazionalista è culminata con due leggi firmate dal presidente Andrzej Duda volte a limitare i poteri della magistratura, mettendo i tribunali sotto uno stretto controllo politico. La Commissione Ue ha risposto avviando l’iter per sanzionare Varsavia: «Viola lo stato di diritto».
E l’Austria che c’entra?
C’è chi, provocatoriamente, considera Vienna “membro onorario” di Visegrad dopo la vittoria di Sebastian Kurz alla cancelleria. Formato un governo con l’ultra-destra dell’Fpoe, la linea anti-migranti è diventata il tratto comune più visibile tra i due alleati. Tra le proposte del nuovo governo, la confisca dei cellulari e dei contanti dei migranti al loro arrivo, nonché il divieto di velo.
Quali potrebbero essere le contromosse di Bruxelles?
All’orizzonte c’è la riforma del trattato di Dublino. Sul tavolo vi sarebbero diverse “sanzioni dissuasive” oppure il taglio di alcuni fondi Ue, nonché la ripartizione delle quote dei migranti in base al Pil dei Paesi ospitanti: fumo negli occhi della nuova “Mitteleuropa nera”, formata dai quattro di Visegrad e dal loro alleato viennese.