La Stampa, 6 aprile 2018
Il Libano chiede aiuto all’Occidente ma il rischio è finanziare Hezbollah
Fra i sei e i sette miliardi di dollari: è quanto il Libano vorrebbe strappare alla conferenza internazionale, patrocinata oggi da Emmanuel Macron nella capitale francese. La cifra è stata indicata chiara e tonda, pochi giorni fa, da Nadim Munla, portavoce del premier Saad Hariri, lo stesso transitato da queste parti nel novembre scorso, quando fu ancora il presidente francese a toglierlo dall’imbarazzo di una crisi politica, pilotata dall’Arabia Saudita. 6-7 miliardi fra crediti e donazioni sarebbero necessari per salvare il Libano dal tracollo economico ma anche dalla bancarotta dello Stato, non esclusa dopo sette anni di crisi politiche a ripetizione, l’arrivo di un milione di migranti dalla vicina Siria, in preda alla guerra civile, e un indebitamento pubblico raddoppiato negli ultimi dieci anni, così da totalizzare il 150% del Pil a fine 2017 (terza peggiore performance del mondo, dopo Giappone e Grecia). A Beirut appaiono fiduciosi. Ma esiste una variabile impazzita, da sempre nel Paese mediorientale, che potrebbe rovinare la festa. Si chiama Hezbollah.
Il partito sciita, nella sostanza un movimento armato filoiraniano, oltre a svolgere un ruolo cruciale e notorio per governare il Paese, si è infiltrato al di là dell’immaginabile nell’amministrazione pubblica del Libano e pure nelle istituzioni finanziarie, private ma anche pubbliche, vedi la Banca centrale, svilendo il credito che tutti questi interlocutori hanno agli occhi degli occidentali. Il problema si era già concretizzato nella conferenza, che si è tenuta a Roma a marzo, e che doveva sostenere le forze di sicurezza del Paese dei cedri. In quell’occasione Hariri aveva ripetuto che «le vostre armi non finiranno a Hezbollah». Ecco, i grandi Paesi dell’Occidente, quelli del Golfo e le istituzioni finanziarie internazionali, come l’Fmi, che hanno inviato oggi a Parigi i loro rappresentanti e che dovrebbero mettere le mani ai portafogli, si chiedono la stessa cosa: ma i nostri soldi non finiranno anche nelle tasche di Hezbollah? Mentre l’obiettivo della conferenza sarebbe in realtà fornire al Libano gli strumenti per rafforzarsi contro l’influenza del partito sciita.
Fonti di intelligence occidentali rivelano che «Hezbollah può contare su un servizio segreto proprio, chiamato Unità 900, che si è infiltrato nell’amministrazione dello Stato e nelle istituzioni finanziarie del Libano a tutti i livelli, con diverse centinaia di informatori e di pedine dirette nelle mani dell’organizzazione». Secondo le stesse fonti, l’Unità 900 rappresenta un formidabile strumento d’influenza nelle mani di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, per poter conoscere in anticipo le decisioni prese anche a livello del presidente, il generale Michel Aoun, e del premier Hariri. Non solo: pure per influenzarle. Senza contare che la rete degli agenti dell’Unità 900, in un Paese corrotto come il Libano, possono raccogliere prove compromettenti per ricattare funzionari pubblici. Ecco, in questo contesto dovrebbero essere spesi i 6-7 miliardi sui quali conta Beirut. Ma i servizi segreti dei maggiori Paesi occidentali, in previsione della conferenza di Parigi, hanno intensificato le loro ricerche sul ruolo dell’Unità 900. E i risultati stanno scoraggiando non poco i Paesi donatori, gli Usa in pole position.
Questo servizio di intelligence strutturato all’interno di Hezbollah si sviluppò già negli anni Novanta. Si ritrova oggi sotto la guida di un misterioso personaggio, Khodor Yousef Nadar. Lui per anni è rimasto agli ordini di Mustafa Badr Al-Din, che fu uno dei fondatori di Hezbollah nel lontano 1982 e ha poi avuto un ruolo importante durante la guerra civile in Siria, fungendo praticamente da comandante supremo dei miliziani dislocati lì da Hezbollah per sostenere il regime di Assad. Badr Al-Din è morto nel maggio 2016 presso l’aeroporto di Damasco, in condizioni mai davvero chiarite (si è detto sotto le bombe israeliane, Hezbollah ha accusato gruppi islamisti takfiri, mentre gli israeliani hanno a loro volta assicurato che l’uomo sarebbe stato ucciso da altri esponenti di Hezbollah). Oggi, Nadar e l’Unità 900 si ritrovano sotto le dirette dipendenze di Nasrallah. Che non è la situazione più incoraggiante per i possibili (e vivamente auspicati da parte di Beirut) Paesi donatori.