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 2018  aprile 06 Venerdì calendario

Facebook, test sulla personalità per raccogliere i dati degli utenti

In Italia 57 persone hanno installato l’app thisisyourdigitallife, e fornito i loro dati a Cambridge Analytica. Con le informazioni che li riguardavano, hanno anche dato quelle dei loro amici e degli amici degli amici, e così – secondo le stime di Facebook – nei server dell’azienda inglese potrebbero essere finiti i dati relativi a 214.134 italiani iscritti al social network. Poco rispetto agli 87 milioni di utenti coinvolti, ma abbastanza per convincere il Garante della Privacy a chiedere chiarimenti al social network. Soro incontrerà il 24 aprile prossimo a Roma il responsabile europeo per la sicurezza dei dati di Facebook, Stephen Deadman.
La ricerca
Sul web, thisisyourdigitallife sembra scomparsa: non uno screenshot, un link, nulla. Però la storia dell’app si ricostruisce con facilità: è identica a un test ancora disponibile sul sito del Centro Psicometrico della Cambridge University. Si chiama My Personality, lo hanno usato sei milioni di persone dal 2008 a oggi. Include affermazioni come “Credo nell’importanza dell’arte”, “Sono contento di come sono”, da valutare secondo una scala che va da “Sono completamente d’accordo” a “Non sono per niente d’accordo”. Si ottiene una rappresentazione della personalità secondo cinque fattori: Energia, Amicalità, Coscienziosità, Stabilità emotiva, Apertura mentale. Il test è uno dei tanti che circolano almeno dagli anni Sessanta, quando furono definiti i “The Big Five”, le caratteristiche che determinano la personalità di ciascuno di noi. Per molti il test è un modo di riflettere su se stessi, o un passatempo, un po’ come il famoso questionario di Proust.
My Personality va però molto oltre: i due ricercatori che l’hanno inventata – Michal Kosinski e David Stillwell – incrociando i dati del test con quelli pubblici del profilo Facebook (sesso, età, istruzione, preferenze), hanno ricavato un algoritmo che prevede con grande precisione come una persona pensa e agisce. Gli uomini che hanno messo un like a un marchio di cosmetici sono probabilmente gay, mentre un ottimo indicatore dell’eterosessualità negli Usa è un like alla band rap Wu-Tang Clan. Chi apprezza la Bibbia ha molti amici, i seguaci di Marilyn Manson pochi, chi ascolta gli Smiths è nevrotico, chi segue il calcio no.
Nel 2012, Kosinski ha dimostrato che 68 like bastano per stabilire il colore della pelle di un utente, il suo orientamento sessuale, l’affiliazione al partito democratico o repubblicano, il quoziente intellettivo, l’appartenenza religiosa, l’uso di alcol, sigarette e droghe, e molto altro. Più o meno la lista pubblicata dal New York Times dove Alex Cogan, allora Ceo di Cambridge Analytica, indicava i dati che la sua azienda poteva ricavare dal profilo di un utente che si fosse sottoposto al test di personalità di thisisyourdigitallife. L’azienda inglese aveva ricostruito l’algoritmo di Cogan e trasformato il social network in un motore di ricerca globale per identificare singoli e gruppi cui destinare messaggi politici o pubblicitari mirati, basati sulle paure e sulle aspirazioni di ognuno.
Un test continuo
Non c’è stato dunque nessun furto: le regole di Facebook allora consentivano di raccogliere questi dati, e moltissme app lo hanno fatto. Dal 2012 non è più possibile, perché i like non sono più pubblici e le app possono registrare solo i dati personali, previo consenso. Negli scorsi giorni, Zuckerberg ha introdotto nuove norme che rendono più difficile la condivisione delle informazioni, ma il controllo totale è impossibile: siamo sempre noi a fornire i dati, anche in modi che non immaginiamo. Il numero di contatti quantifica l’estroversione, la canzone popolare quando ci siamo laureati rivela gli anni di studio. Diciamo qualcosa di noi stessi anche quando non siamo online: ad esempio, il sensore di movimento dello smartphone rivela quanto velocemente ci muoviamo e quanto viaggiamo (un dato correlato con l’instabilità emotiva). Non solo Facebook, insomma: tutto il web è oggi un enorme questionario psicologico che compiliamo in ogni istante, consciamente o inconsciamente.