La Stampa, 6 aprile 2018
L’obbligo di una politica industriale
Tutte intente a non dialogare tra loro, le forze politiche non stanno prestando molta attenzione al sistema produttivo italiano; lo stanno, per così dire, guardando distrattamente dal di fuori, come un tutto indifferenziato di società, impianti, lavoratori senza scendere nella realtà bruciante dei suoi problemi. Non stupisce, quindi, che il futuro di Telecom Italia, una delle maggiori imprese del Paese, con oltre sessantamila dipendenti, abbia ricevuto minor attenzione di quanta sia stata dedicata ai vitalizi degli ex parlamentari.
Un brusco richiamo alla realtà è venuto dall’area dell’attuale governo – pur dimissionario – e precisamente dalla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), una società per azioni controllata dal ministero dell’Economia, che ha fatto trapelare ieri la propria intenzione di acquistare subito il 5 per cento di Telecom Italia, il maggior gestore telefonico italiano.
Cdp parteciperà così da una posizione importante, forse decisiva, alla battaglia per il controllo di Telecom Italia che vede coinvolti, oltre a quelli italiani, interessi finanziari francesi e fondi di investimento internazionali.
Telecom Italia è stata una delle prime grandi società dell’Iri a essere privatizzata, ventun anni fa. Ai suoi posti di comando si è alternata buona parte dei gruppi di punta dell’economia italiana, in un orizzonte europeo e mondiale in piena turbolenza tecnologica e finanziaria. La mossa di Cdp di fatto tende a bloccare il predominio sia francese sia della finanza internazionale su Telecom Italia e a ribadire uno specifico interesse italiano nel settore delle grandi telecomunicazioni. Rientra nel rinascente attivismo dei governi di tutto il mondo in campo industriale, ma non si tratta del tentativo di una nuova nazionalizzazione bensì della presa di coscienza delle difficoltà strategiche delle imprese italiane, a cominciare dalle più grandi.
Negli ultimi anni, il controllo di un numero rilevante di queste società è passato in mani francesi, dal settore del lusso e, più in generale, del «made in Italy» a quello agroalimentare, fino a una presenza rilevante nel mondo delle banche e delle assicurazioni. Quando le imprese italiane hanno cercato di espandersi in Francia sono stati loro posti davanti moltissimi ostacoli ed è qui – forse più che nell’«incidente di Bardonecchia» – il vero contrasto tra Parigi e Roma: Parigi sembra talvolta considerare l’economia italiana come una sorta di «provincia» dell’economia francese. Anche nell’unico ingresso veramente rilevante di un’impresa italiana in Francia (l’acquisto dei cantieri Saint-Nazaire da parte di Finmeccanica) la posizione francese è stata caratterizzata da durezza e diffidenza.
Sia chiaro, prima di essere europei, i problemi della struttura produttiva italiana sono specificamente italiani e uno dei principali è il disinteresse della politica italiana per il settore produttivo dell’economia italiana, ossia l’assenza di una politica industriale, della quale invece si occupano moltissimo i governi degli altri Paesi europei. La scarsa comprensione di come funziona un’impresa moderna fa sì che una parte importante del dibattito politico italiano ruoti attorno a come distribuire il reddito, («di cittadinanza», o in qualsiasi altro modo lo si voglia chiamare) e che nessuno si preoccupi troppo di favorire le condizioni affinché questo reddito, prima di essere distribuito, venga prodotto.
Occorre inoltre considerare che le tecnologie delle reti di telecomunicazioni – e i contenuti che viaggiano su queste reti – sono in rapidissimo cambiamento. Per la prima volta le imprese cinesi, a cominciare dal colosso Huawei, paiono in vantaggio sugli americani e sugli europei nelle reti 5G (tecnologie di quinta generazione) e potrebbero tendere a un primato planetario. Telecom Italia non è certo l’ultimo venuto in questo campo e gli italiani devono decidere se vogliono essere tra i soggetti di una durissima competizione mondiale, magari nell’ambito di un coordinamento europeo, oppure un disciplinato manipolo dell’esercito industriale francese che è diventato molto più aggressivo da quando Emmanuel Macron si è insediato all’Eliseo. Chi si propone di governare l’Italia nei prossimi anni dovrebbe presentare un quadro sufficientemente chiaro della strategia industriale italiana. Tutte le forze politiche, invece, si dimostrano reticenti o indifferenti.