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 2018  aprile 06 Venerdì calendario

«Le poste hanno passato ai partiti i dati personali dei tedeschi»

Berlino Anche la Germania scopre il suo scandalo Facebook. E per certi versi è inquietante perché riguarda le poste, un’azienda che fornisce un servizio universale e non ha neanche bisogno di chiedere il permesso ai cittadini per collezionarne i dati. Sono i cittadini che devono attivarsi, se vogliono che le poste non divulghino informazioni su di loro. Ed è difficile che a qualcuno venga in mente.
Ma forse dopo questa rivelazione della Bild, qualcosa cambierà. Dal 2005, scrive il tabloid, la Deutsche Post, attualmente il più grande gruppo postale al mondo e fiero proprietario del servizio di posta celere DHL, ha ceduto informazioni dettagliate su milioni di tedeschi a qualsiasi partito interessato a fare una campagna elettorale più mirata. Le rivelazioni parlano di 20 milioni di case, 34 milioni di famiglie e «oltre un miliardo di informazioni» sui singoli cittadini che possono essere girati, dietro pagamento, ad aziende o forze politiche.
Nella più recente campagna elettorale, quella dell’autunno del 2017, il colosso delle spedizioni – che per un quarto è ancora di proprietà pubblica attraverso la Kfw, la Cassa depositi e prestiti tedesca – avrebbe ceduto dati contro “somme a cinque cifre” ai liberali della Fdp e al partito di Angela Merkel, la Cdu. In base a questa “microgeografia” composta di dettagli sull’età e sul genere, sull’istruzione, sull’indirizzo di casa e sul vicinato, sulla composizione famigliare, sulle proprietà ma anche sui comportamenti bancari, finanziari e sulle abitudini di consumo dei singoli, le due forze politiche avrebbero impostato le loro campagne “porta a porta” e le spedizioni di depliant e volantini.
L’azienda si difende nascondendosi dietro la legge sulla privacy, sostenendo di aver collezionato dati anonimi. Ma evidentemente sono abbastanza dettagliati da essere interessanti per i partiti. Sul sito, la controllata della Deutsche Post che mette in vendita questi dati, la “Deutsche Post Direkt” si vanta di aver accesso all’ 85% delle famiglie tedesche. In più, compra sistematicamente altre informazioni dettagliate dal catasto, dall’autorità dei trasporti o da altre amministrazioni pubbliche. Il responsabile dell’Autorità di tutela della privacy di Amburgo, Johannes Caspar, è del parere che «l’utilizzo di microtargeting nel settore off e online per scopi elettorali vada ripensato, dopo gli scandali che hanno riguardato Facebook e Cambridge Analytica. Se la costituzione tedesca affida ai partiti la responsabilità di aiutare la popolazione alla formazione di una volontà politica, non vuol dire che possano essere autorizzati a usare procedimenti non trasparenti per manipolare l’opinione politica».
I partiti interessati, Cdu e Fdp, si difendono con gli stessi argomenti delle poste: non si tratta di prassi illegali. La Spd tace, ma perché ammette di aver comprato a sua volta informazioni sugli elettori, anche se non rivela da chi. La Linke e i Verdi chiedono invece chiarimenti maggiori e un dibattito serio sul tema dei dati personali.
L’ex esponente del partito dei Pirati, Anke Domscheit- Berg, parla di un servizio “ingiustificabile” da parte della Deutsche Post. Secondo la politica della Linke bisogna introdurre l’obbligo a chiedere il consenso dei dati personali anche su queste informazioni, pena il divieto di divulgarle. Anche Michael Kellner, dei Gruenen, è allarmato e chiede in particolare «un tavolo di discussione tra tutti i partiti democratici» per «metterci d’accordo su come regolarci con i social media, le pubblicità anonime o i social bot in campagna elettorale».