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 2018  aprile 06 Venerdì calendario

Lo Stato ritorna in Telecom, la Cassa depositi e prestiti comprerà il 5% di Tim

È successo qualcosa di clamoroso, e cioè lo stato sta per rientrare in Telecom.  

Noi siamo sempre stati contrari all’intervento pubblico. O mi sbaglio?
È una storia particolare. La cosa si è deciso in un consiglio d’amministrazione della Cassa Depositi e prestiti che si è tenuto ieri pomeriggio. La Cassa acquisterà fino al 5% di Tim, «in una prospettiva di lungo periodo». Il comunicato spiega: «Tale investimento rientra nella missione istituzionale di CDP a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali e vuole rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore, avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese. L’operazione è coerente con i criteri di sostenibilità economico-finanziaria che caratterizzano tutte le iniziative di CDP. Tale ingresso condurrà alla progressiva acquisizione di una partecipazione finanziaria di minoranza, non superiore al 5% delle azioni ordinarie».  

Traduzione
L’ultima parte del comunicato significa: abbiamo i soldi per comprare questo 5%, che dovrebbe costare - aggiungiamo noi - sui 750 milioni. La Cassa amministra i risparmi postali e viaggia con disponibilità liquide intorno ai 160-170 miliardi, patrimonio da 350 miliardi, un centinaio di miliardi di crediti. Dunque, non c’è problema a tirar fuori 750 milioni. La prima parte del comunicato significa che l’acquisto del 5% di Tim è coerente con il lavoro (la «mission») che ha Cassa si è data - anzi ha ricevuto dai vari governi -, quello cioè di farsi carico di infrastrutture preziose per il Paese e che avevano o hanno bisogno di sostegno finanziario. Una specie di Iri dei nostri giorni. Ha infatti partecipazioni nella rete dei metanodotti di Snam, in quella elettrica di Terna, nei cantieri navali di Fincantieri, nelle trivellazioni di Saipem, nelle turbine di Ansaldo Energia, eccetera.  

Come fa, se risponde al governo, a prendere un’iniziativa di questa forza? Gentiloni è politicamente debolissimo, senza maggioranza...
Gentiloni, Calenda e Padoan prima di procedere si sono consultati con Salvini e con Di Maio, hanno ovviamente ricevuto il via libera da Berlusconi e si sono quindi politicamente coperti. L’idea è quella di adoperare questo pacchetto del 5% per partecipare all’assemblea dei soci Tim del 24 aprile e far eleggere un consiglio d’amministrazione sensibile alle esigenze italiane. In Tim-Telecom si sta consumando uno scontro mica da ridere, da un lato il finanziere francese Vincent Bolloré, padrone di Vivendi, poco simpatico persino a Macron. Dall’altro lato il governo italiano, il fondo americano Elliot e la Mediaset di Silvio Berlusconi. Bolloré, per ora, ha una specie di risicato controllo di Telecom, sufficiente secondo alcuni a costringerlo all’Opa. Però l’Opa - cioè l’Offerta di pubblico acquisto, l’obbligo di comprare le azioni di tutti quelli che vogliono vendere, a un prezzo prefissato e superiore a quello di borsa - sarebbe troppo costosa, Bolloré non ne vuole neanche sentir parlare.  

Non sono tutte aziende private? Che c’entra lo stato?
C’è di mezzo la rete, cioè il sistema fatto di cavi di rame con cui Telecom distribuisce il suo segnale sul territorio. Valore di bilancio: 15 miliardi. Quando Renzi era in auge, voleva che Telecom ammodernasse la sua rete, sostituendola con la fibra ottica. Allo scopo pretendeva che Telecom comprasse una società che si chiama Metroweb e che aveva già messo il cavo a Milano, poi, di fronte alle resistenze di Cattaneo (era lui all’epoca l’amministratore delegato di Tim), indusse l’Enel a creare una società, detta Open Fiber, con la quale cablare l’Italia, l’operazione che Tim non voleva fare. Temendo che alla fine Cattaneo potesse mettersi d’accordo col governo, Bolloré lo mandò via, rassegnandosi a pagargli una buonuscita di 25 milioni.  

E adesso?
Adesso Bolloré è sotto attacco da tutte le parti. Il fondo americano Elliot, quello del Milan, che controlla circa il 10% di Tim, ha intenzione di piazzare, con l’aiuto di Cassa Depositi, sei suoi consiglieri in cda. Berlusconi è in guerra con Bolloré perché il francese s’era impegnato a comprare Mediaset Premium, poi ha disdetto l’accordo e profittato del calo conseguente delle azioni Mediaset per farne incetta fino al limite dell’Opa e insidiare il Cavaliere addirittura nel controllo delle sue aziende. Questa è una faccenda che sta impegnando i tribunali, così come, probabilmente, i tribunali saranno chiamati ad annullare le decisioni che saranno assunte dall’assemblea del 24 aprile se non saranno gradite, come è assai probabile, a Bolloré. Che però, al momento, ha piuttosto l’aria insolita per lui del perdente.