Libero, 4 aprile 2018
La sinistra morente sconfessa l’eutanasia
Non solo lo Stato italiano: anche la legge svizzera se l’è presa con Marco Cappato e con Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo. È uno scoop che Libero è in grado di rivelarvi. Ma prima ricordiamo che, anni fa, il noto Dj Fabo (Fabiano Antoniani) era diventato cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale, e, dopo anni di cure e sofferenze, aveva deciso che quella sua vita non era più degna di essere vissuta. Ma siccome in Italia il suicidio è un reato in qualsiasi forma, assistita o meno, e siccome non sarebbe mai riuscito a suicidarsi da solo, e siccome non voleva coinvolgere persone care che sarebbero state accusate di omicidio, dunque accolse l’aiuto dell’Associazione Coscioni che da anni, tra altre battaglie, combatte anche quella per abolire l’articolo 580 del codice penale (risalente al 1930) che si chiama appunto “aiuto al suicidio”, e che prevede pene dai 6 ai 12 anni.
Il radicale Marco Cappato, che fa parte dell’associazione, ha quindi accompagnato Dj Fabo in Svizzera dove il suicidio assistito non è reato, e dove, in un’apposita struttura in cui l’aspirante suicida fa tutto da solo, Fabiano Antoniani ha finalmente potuto compierlo. Tutte queste fasi sono state documentate, filmate e registrate dallo stesso aspirante suicida, in modo da non lasciare zone d’ombra. C’è anche la straziante testimonianza di sua madre, infine favorevole alla volontà del figlio. La morale prevedibile è che Marco Cappato è stato processato in Corte D’Assise, a Milano. E qui i paradossi cominciano, o forse proseguono.
Se avesse potuto scegliere, Cappato ha detto che avrebbe preferito una condanna, in modo da rendere più emblematicamente incongruente la legge applicata e favorire quindi una sua modifica, magari ricorrendo alla Corte Costituzionale; la pubblica accusa Tiziana Siciliano, inoltre, non ha chiesto la condanna di Cappato (dicendo, in aula, che lui rappresentava lo Stato esattamente quanto lei) e in perfetto accordo con la difesa ha chiesto direttamente la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, prima ancora del giudizio: volontà che che i giudici della Corte d’Assise hanno accolto volentieri. In ogni caso, secondo i giudici milanesi, Cappato non aveva in alcun modo favorito il proposito suicidiario di Dj Fabo, e una punizione a prescindere è proprio quanto è parso incostituzionale a dir poco.
Ed eravamo fermi a questo, quasi tutti contenti: da molti anni, infatti, tocca alla magistratura, con la sua giurisprudenza e le sue corti, modificare o aggiustare leggi e consuetudini su cui un Parlamento in perenne ritardo culturale preferisce non esprimersi, anche per non irritare il sopravvaluto potere temporale italiano. L’unico sussulto di vita legislativa, di recente, sono state le unioni civili e il biotestamento, ed è giusto dirlo a onore del centro sinistra e a disdoro di un centrodestra confuso e baciapile. Ma, detto questo, ecco la notizia cattiva e un po’ squallida: l’attuale governo supplente (Gentiloni) ha deciso di difendere l’improbabile reato di “istigazione e aiuto al suicidio” e dunque di dare mandato all’avvocatura di Stato di costituirsi nel processo contro Cappato. Negli ultimi giorni erano fioccati anche appelli contro la possibilità che il governo prendesse questa decisione, ma in Italia appelli e raccolta firme di intellettuali portano una discreta sfiga. Nell’insiemenonèuna questione tecnica o giurisprudenziale, è una contraddizione alla portata di tutti: il ricorso contesta in particolare che aiuto al suicidio e istigazione al suicidio siano considerati la stessa cosa. Marco Cappato ha portato Dj Fabo in Svizzera con la macchina, e domanda: deve andare in galera per questo? Poi ci sarebbe anche la domanda più logica, che nel contesto italiano pare quasi fantascientifica: occorre per forza andare in Svizzera, se un tizio voglia liberamente decidere che non ha più voglia di soffrire come soffre, e di non vivere più una vita che non giudica (più) una vita?
Ah, dimenticavamo lo scoop. Diciamo questo: che ogni Stato non transige a modo suo. L’Italia e il suo governo non transigono sul contestare un’assurda legge del 1930 a Marco Cappato, radicale, specializzato nell’infrangere norme destinate all’oblio e a metterle perciò sotto un cono di luce. La Svizzera, invece, permette il suicidio assistito purché il malato si sonministri da solo la dose letale, ma non transige invece su altre cose. Un mese dopo la sua morte, a Fabiano Antonino in arta Dj Fabo giunse un plico dalla Svizzera. Il furgone, quello che lo trasportava verso la clinica elvetica, aveva superato il limite di velocità: sei chilometri all’ora più del dovuto. Quanta fretta.