la Repubblica, 4 aprile 2018
Così rinasce il ponte più antico del mondo
È il ponte più vecchio del mondo, costruito 4mila anni or sono a Tello, nell’antica Mesopotamia, in quello che è oggi l’Iraq meridionale. Riscoperto soltanto nel 1929, da allora era rimasto in stato di abbandono per quasi un secolo e ha rischiato danni ulteriori nei decenni di guerre sofferte dagli iracheni. Ma adesso, grazie a un finanziamento del British Museum di Londra, verrà restaurato, dotato di un centro per i visitatori e si spera di aprirlo al turismo internazionale a partire dal 2020. Denominata “Iraq Emergency Heritage”, con lo scopo specifico di proteggere siti culturali minacciati dall’Isis, l’iniziativa mira a fare del ponte «un potente simbolo di rinascita» per una regione che comincia soltanto ora a emergere da molteplici e successivi conflitti: la guerra contro l’Iran, le repressioni di Saddam Hussein contro le minoranze, l’invasione americana del 2003, la guerra civile contro i fondamentalisti del sedicente Stato islamico. È un intervento che non si limita a riparare una struttura millenaria, fornendo anche a un gruppo di 50 giovani iracheni un programma di training nelle più avanzate tecniche di recupero e restauro archeologico: una delle squadre che partecipano al progetto, operativa dal prossimo autunno, sarà composta per la prima volta esclusivamente da donne.
«Speriamo che diventi un emblema della tradizione dell’Iraq e una scommessa sul futuro di questo Paese», commenta Sebastien Rey, capo archeologo del programma curato dal museo londinese.
Eretto nell’antica città sumera di Girsu, in prossimità dell’odierna Tello, il ponte viene descritto come un capolavoro di ingegneria dell’epoca, una costruzione “enigmatica”, interpretata inizialmente come un tempio o una diga, e finora rimasta priva di piani per amministrarla o per raccontare la sua storia al resto del mondo, cosa che farà invece il nuovo centro, con allestimenti in arabo e in inglese. Una sfida per dimostrare che il passato ha sempre lezioni da insegnarci.
Come conferma del resto l’editto di Urukagina, una delle tavolette più importanti rinvenute fra le rovine locali, risalente al 2352-2342 avanti Cristo, in cui un re afferma di essere stato scelto dal dio Ningirsu per «porre fine all’oppressione dei poveri e lanciare una serie di riforme contro la vecchia burocrazia e l’immenso potere che aveva assunto la casta sacerdotale».
Un testo importante, che getta luce sui problemi sociali di quel tempo. Sebbene sembri che parli del nostro.