La Stampa, 4 aprile 2018
Alle formiche bastano due semplici regole per vincere ogni ostacolo
Immaginiamo che, una notte, la popolazione dell’area metropolitana di Torino, circa 2 milioni di persone, si debba muovere di 20-30 chilometri. File ordinate che marciano veloci, senza che nessuno faccia da guida. Impossibile. Eppure le formiche legionarie lo fanno nel mezzo della foresta quasi ogni notte.
Queste formiche, infatti, a differenza di quelle che siamo abituati a conoscere, non hanno un formicaio dove immagazzinano il cibo e crescono i piccoli, ma sono nomadi. Quando l’area in cui si trovano scarseggia di risorse, enormi colonie – circa 2 milioni di individui, appunto – si sposta. Di 200-300 metri. «Tutto questo rappresenta una serie di sfide logistiche enormi per piccoli insetti che non hanno più di 300 mila neuroni», ci spiega Simon Garnier, ricercatore del dipartimento di scienze biologiche del New Jersey Institute of Technology.
«Le formiche – aggiunge – modificano in modo altamente dinamico l’ambiente in cui si trovano, usando i loro corpi per oltrepassare buchi nel terreno, creare rampe o scale che permettano alla colonia di muoversi sempre alla massima velocità», creando strutture mobili che appaiono e scompaiono nel giro di pochi secondi e sono in grado di adattarsi a qualsiasi tipo di terreno, poiché alla base ci sono degli individui viventi e non dei semplici blocchi di cemento inerti.
Ma come sono in grado di comportamenti così complessi? Chi coordina tutto? «Nessuno – risponde Garnier, che ha pubblicato un articolo sul “Journal of Theoretical Biology” -. Non c’è nessun progetto, solo una rotta da seguire, e nessuno che dica cosa fare». Ma che cosa succede quando, per esempio, la colonia giunge a una frattura nel terreno, dove la soluzione ideale sarebbe quella di costruire un ponte? «Tutto ruota attorno ad un semplice algoritmo, un processo stimolo-risposta: le formiche si muovono molto velocemente e, quando qualcosa blocca il cammino, come una crepa, le formiche che si trovano all’inizio della fila rallentano un po’, fino a bloccarsi. Quelle alle loro spalle continuano nel loro percorso, passano loro sopra e poi… le altre fanno lo stesso», costruendo un ponte in pochi secondi. Ci sono solo due semplici regole in gioco. La prima dice che, quando una formica ne sente un’altra che le cammina sopra, si deve bloccare; la seconda è basata su una scelta: quando è vantaggioso costruire un ponte e quando, invece, è meglio aggirare l’ostacolo? Per rispondere a questa domanda il gruppo di Garnier ha posto sul percorso delle formiche una struttura a forma di «V».
A questo punto la colonia ha adottato la regola del costo-beneficio. Il costo è impegnare un certo numero di individui nella struttura del ponte, affinché gli altri continuino il percorso, mentre il beneficio è accorciare i tempi di marcia. «In qualsiasi momento – sottolinea Garnier – una colonia è impegnata nel mantenimento di 40-50 ponti, nei quali sono coinvolti decine di formiche ciascuno». Come fanno, però, le formiche a capire quanto può essere vantaggioso creare un ponte lungo, occupando molti individui, oppure uno più corto, più vicino al punto di divisione, dovendo però «sacrificare» meno individui nel suo mantenimento?
Ed ecco qui la seconda e semplice regola comunitaria: finché chi è impegnato nella costruzione del ponte percepisce un traffico regolare rimane dov’è; quando questo scende sotto una certa soglia, per esempio perché troppe formiche sono impegnate, il ponte si scioglie e le formiche tornano a far parte della marcia. «Tirando le somme, il beneficio è reale – precisa il ricercatore – perché permette alla colonia di mantenere un equilibro tra velocità e possibilità di costruire delle scorciatoie. Sono animali semplici, ma forse non così semplici come pensiamo».
Queste scoperte sono utili non solo per comprendere gli aspetti comportamentali dei gruppi complessi. Garnier ha ricevuto feedback positivi anche da diversi gruppi di ingegneri: «Sono interessati ai nostri studi per costruire robot destinati a diverse applicazioni, dalle strutture autoriparanti alle macchine autoassemblanti».