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 2018  aprile 01 Domenica calendario

Stato supercritico della geotermia. Il futuro sta nelle alte temperature di profondità

Nelle viscere della Terra c’è una fonte inesauribile di energia. Gli scavi per estrarla sono profondi quanto un pozzo petrolifero e le trivelle sono più o meno le stesse, ma il liquido che sgorga in superficie non è nero e viscoso, bensì trasparente e pulito: è acqua. Il calore geotermico contenuto in quell’acqua, che può arrivare anche a 300°C, è la fonte rinnovabile più antica del mondo: là dove dove affiora, come nelle fumarole delle colline metallifere toscane o nei geyser islandesi e californiani, si è sempre sfruttata a fini industriali o energetici.
In Italia, duecento anni fa abbiamo imparato a utilizzare la geotermia per alimentare il processo di estrazione dell’acido borico e un secolo dopo per produrre elettricità senza emissioni di CO2, tanto che oggi questa fonte copre oltre un terzo del fabbisogno elettrico della Toscana. A livello globale, però, la geotermia resta la Cenerentola delle rinnovabili, tanto che Bill Gates in un recente annuncio l’ha inclusa nella top five delle tecnologie da finanziare per combattere l’effetto serra (le altre sono gli accumuli di rete, le micro-grid, i bio-carburanti e i materiali alternativi da costruzione). Sugli investimenti in queste tecnologie si focalizzerà d’ora in poi il fondo da un miliardo di dollari della Breakthrough Energy Coalition, l’alleanza di investitori da lui guidati nella lotta ai cambiamenti climatici.
Con la geotermia si produce meno dell’un per cento dell’energia elettrica generata globalmente. Dei 90 Paesi in cui la fonte geotermica sarebbe sfruttabile, solo 24 a oggi la utilizzano, con una potenza installata di circa 12 gigawatt complessivi (di cui quasi 1 gigawatt in Italia), contro una capacità stimata di almeno 100 gigawatt, limitandosi alle tecnologie attuali. La Global Geothermal Alliance, una coalizione di 36 Paesi che si è formata dietro le quinte dell’Accordo di Parigi, punta a moltiplicare per sei la produzione globale di elettricità da fonte geotermica entro il 2030. E questo obiettivo potrebbe crescere ancora, se si realizzasse un nuovo salto di qualità tecnologico. «La geotermia da oltre due secoli è una frontiera d’innovazione e sostenibilità, in cui l’eccellenza tecnologica costituisce una costante che consente di ottenere il massimo dell’efficienza con i migliori standard ambientali», commenta Antonio Cammisecra, numero uno di Enel Green Power, che grazie alle risorse toscane è una delle società leader di questo mercato a livello mondiale. «Dal cuore della geotermia toscana ancora oggi si studiano progetti che in tante parti del mondo ci permettono di realizzare impianti e sperimentazioni pilota. Un filone che sta dando grossi risultati è quello degli impianti ibridi, che coniugano la tecnologia geotermica con altre fonti rinnovabili, come nell’impianto di Stillwater, in Nevada, che abbina l’energia geotermica a quella solare, e nell’impianto di Cornia2, a Larderello, che combina geotermia con biomassa a filiera corta, il primo esperimento di questo tipo a livello mondiale», precisa Cammisecra.
Gli scienziati, intanto, continuano a scavare sottoterra, alla ricerca di risorse ancora più potenti, che potrebbero portare a decuplicare l’efficienza degli impianti, proiettando la geotermia tra le tecnologie rinnovabili più convenienti. «Il futuro della geotermia sta nelle alte temperature, che si trovano a profondità maggiori di quelle sfruttate finora, dove l’acqua raggiunge uno stato supercritico, ovvero una condizione fisica in cui si riscontrano allo stesso tempo alcune proprietà tipiche dello stato liquido e altre tipiche dello stato gassoso, con l’effetto di decuplicarne il potenziale energetico», spiega Massimo Montemaggi, responsabile della geotermia di Egp.
Tutto ciò è vero in teoria, ma in pratica riuscire a sfruttare fluidi a pressioni e temperature estreme, oltre i 500°C, richiede tecniche particolari, che devono essere ancora messe a punto. A questo è servito il progetto Descramble, in corso a Larderello, una delle zone geotermiche più favorite al mondo. Qui un’intrusione magmatica è risalita milioni di anni fa sotto l’area, senza mai emergere, ma con abbastanza forza da fratturare le rocce e scaldarle, così che l’acqua superficiale potesse filtrare e trasformarsi in vapore pronto per l’uso, racchiuso in un serbatoio coperto da strati impermeabili, che impedisce la fuoriuscita dei fluidi e la dissipazione del calore. «Finora siamo andati a pescare il vapore in quella sorta di pentola a pressione naturale, ma alcuni anni fa ci siamo accorti che sotto Larderello, a profondità maggiori di quelle finora raggiunte, c’è una “cupola” di rocce che riflettono le onde sismiche, dentro la quale potrebbe nascondersi acqua allo stato supercritico», precisa Montemaggi.
Da qui è nato Descramble, un progetto co-finanziato nell’ambito di Horizon2020 (6,7 milioni sui 13 complessivi), che raccoglie un team di ricercatori italiani, tedeschi e norvegesi, chiamati a sperimentare il funzionamento di impianti geotermici in condizioni estreme, coordinati da Egp. In tre anni di lavori, le avanguardie della geotermia 4.0 hanno messo a punto gli strumenti per bucare la cupola e sono arrivate a 3000 metri di profondità: là sotto, a poca distanza dal magma, il calore è tale da sciogliere la testa della perforatrice ogni dieci metri, ma l’acqua non c’è. «È stato il primo tentativo e ci ha insegnato molto sulle sfide a cui andiamo incontro, ora siamo bene attrezzati per affrontarle», confida Montemaggi, che conta di scavare altri pozzi alla ricerca di fluidi supercritici, basandosi sulla modellistica avanzata del sottosuolo prodotta dagli esperti Egp di ingegnaria del serbatoio. Lo stesso stanno facendo in Islanda, l’altro polo europeo della geotermia dove si dà la caccia da anni ai fluidi supercritici. «Sfrutteremo le temperature estreme che abbiamo raggiunto, calando a fondo del pozzo tubazioni con all’estremità uno scambiatore di calore, per immettere acqua ed estrarre vapore, ma il sistema non sarà mai altrettanto efficiente dell’estrazione di acqua supercritica», ammette Montemaggi. Per trovare il sacro Graal della geotermia c’è bisogno di scavare ancora.
@elencomelli