Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  aprile 04 Mercoledì calendario

Trump, una foto e i cinquant’anni dalla morte di Martin Luther King

Guardiamo questa foto di gruppo, e che cosa vediamo?  

Che cosa?
Sono 90 ragazzi, e 87 di questi sono bianchi. I non-bianchi sono appena tre e - sarà un caso o una scelta - i tre sono anche stati messi ai margini, non è neanche semplice trovarli. In mezzo ai giovani, in piedi, sorridente, c’è Donald Trump. Questa presenza ha reso subito la foto politica. Tanto più che i giovani sono gli stagisti della Casa Bianca, ragazzi cioè che si preparano a entrare in qualche modo nella pubblica amministrazione o addirittura nella vita politica americana, alcuni di loro direttamente nel palazzo del presidente.  

Ai tempi di Obama il rapporto tra bianchi e neri, in foto come questa, era più equilibrato?
Qualcuno ha postato le foto del 2015 e del 2016, e il rapporto risulta più equilibrato. Secondo la Cnn esiste la possibilità che molti non abbiano avuto voglia di fare domanda per lo stage, dati i toni razzisti e xenofobi del presidente. Per i non-bianchi messi ai lati, l’emittente televisiva scrive: «Il messaggio sembra essere: se vuoi piacergli è meglio che tu sia bianco». Il New York Times ha scritto che l’immagine non è corretta neanche dal punto di vista statistico: nella popolazione di età compresa tra i 18 e i 34 anni, i bianchi sono il 55,8%. Se si prendono in considerazione tutte le classi d’età, la percentuale scende ancora: gli americani bianchi sono circa un terzo di tutta la popolazione (negli altri due terzi non ci sono solo i neri, sono considerati non-bianchi, oltre agli asiatici, anche gli ispanici).  

Se ne deduce che Trump è razzista. Che non è neanche una deduzione, ma una conferma.
La schiacciante preminenza dei bianchi nella foto forse è frutto del caso. Forse è vero che i non-bianchi non hanno troppa voglia di lavorare con uno come Trump. Il Washington Post l’altro giorno ha raccontato che il dipartimento di Giustizia ha emanato una circolare diffusa tra i magistrati che si occupano di immigrazione e in questa circolare il ministero - su ordine evidentemente del presidente - precisa che ogni giudice deve trattare almeno 700 casi all’anno, o il suo impegno lavorativo sarà giudicato insufficiente. «Trattare 700 casi di migranti all’anno» significa in sostanza predisporre le carte non solo per l’ammissione ma anche per l’ventuale rimpatrio o l’espulsione di 700 immigrati non in regola.  

Beh, se un immigrato non è in regola...
Però fissare un numero minimo di casi può ledere l’indipendenza della magistratura. La democrazia è una faccenda scomoda, che non tollera semplificazioni eccessive. A queste obiezioni ha risposto Devin O’Malley, portavoce del dipartimento di Giustizia. Ha detto al Washington Post: i magistrati affrontano ogni anno circa 678 casi a testa, ma alcuni superano quota mille. Il problema è che ci sono tanti fascicoli da affrontare, con almeno 600mila immigrati in attesa che il proprio destino venga deciso. Quindi, dice, nessun razzismo.  

Queste notizie assumono un significato particolare oggi, 4 aprile. Il 4 aprile 1968, cinquant’anni fa, veniva ammazzato Martin Luther King.
Già. Al Lorraine Motel di Memphis (Tennessee). Erano le sei di sera. Un colpo di fucile alla testa esploso dal bagno di una pensione che si trovava di fronte all’albergo. King aveva 39 anni. Venne arrestato e processato James Earl Ray, all’epoca quarantenne, evaso dal carcere, bianco suprematista, reo confesso all’inizio e poi pentito della confessione. Nessuno ha mai creduto alla sua ritrattazione. È morto in galera a 70 anni, nel 1998. Lo avevano condannato a 99 anni. Neanche Coretta, la moglie di Martin Luther, ha mai creduto al gesto del pazzo solitario. Secondo lei era stato un complotto. In effetti Hoover, il capo dell’Fbi, lo perseguitava. Martin Luther aveva un debole per le donne, l’Fbi lo filmava di nascosto durante orge, poi mandava i filmini alla moglie. Hoover era senz’altro tipo da organizzare un delitto. Martin Luther aveva preso il Nobel per la Pace nel 1964, era capace di mobilitare centinaia di migliaia di militanti. A quell’epoca i neri non avevano neanche il diritto di votare. Martin Luther era un pastore battista, figlio di un pastore battista che si chiamava, anche lui, Martin Luther. E però Hoover lo considerava un pericoloso comunista. Nel 1991 il Lorraine Motel diventerà il corpo principale del Museo nazionale dei diritti civili di Memphis.  

Come ha fatto un uomo solo a modificare una comunità profondamentew razzista come quella americana?
È anche l’epoca dei Kennedy, donnaioli pure loro, e certamente non razzisti. Anche se John sentiva i suoi tempi non ancora maturi per un cambio di passo radicale, che fu poi compiuto da Lyndon Johnson, il quale tolse le restrizioni che impedivano ai neri di votare. In un’epoca che andava modernizzando la mentalità dei ceti medi e medio-bassi (un processo che non si è ancora concluso) Martin si presentò con le sue doti di magnifico oratore («I have a dream...»), dotato di grande passione e di sicura fede negli ideali che propugnava. Quanto alle ombre che ne accompagnano la biografia... ebbene non c’è storia di esseri umani che non mescoli, spesso in eguali proporzioni, le luci e le ombre.