Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  aprile 01 Domenica calendario

Marcus Raichle: «Ho fotografato la coscienza»

ROMA Non solo il cuore. Anche il cervello ha il suo battito. Un’onda lenta, che si propaga dalla nuca alla fronte ogni pochi secondi: tra 1 e 10. Si riesce ad ascoltare solo quando vaghiamo con la mente, senza pensare a nulla di preciso. Fino a ieri era considerato un fastidioso rumore di fondo nella risonanza magnetica.
Ascoltando meglio, però, i ricercatori si sono accorti che quel ritmo non ha nulla di casuale. Potrebbe, al contrario, svolgere il ruolo di coordinare e mettere in fase le varie aree del cervello, ognuna per sua natura più o meno specializzata in una certa attività. «Abbiamo 100 miliardi di neuroni. Qualcuno deve pur coordinarli,» sintetizza Marcus Raichle, neuroscienziato alla Washington University di Saint Louis, coordinatore di un esperimento pubblicato sulla rivista Neuron. «I segnali che abbiamo osservato si propagano lentamente nel cervello e potrebbero svolgere proprio questa funzione.Quando l’onda sale, le aree che attraversa diventano più eccitabili». I neuroni al loro interno, cioè, si attivano generando con più facilità una scarica elettrica. «Quando l’onda defluisce, anche l’eccitabilità si abbassa».
Che le onde ultra-lente (le “pulsazioni” del cervello) non siano un rumore di fondo degli apparecchi è stato confermato da Raichle e il suo gruppo in un esperimento sui topi.
A sorprendere tutti, in questo studio, è stata la direzione dell’onda che si inverte nel sonno: viaggia dalla fronte alla nuca, in senso opposto rispetto alla veglia. I ricercatori si sono spinti allora a legare il “battito” del cervello alla coscienza: quel concetto ancora piuttosto elusivo che ha a che fare con il percepire noi stessi e il mondo che ci circonda. Capire come il cervello sia in grado di sperimentare eventi, oggetti, emozioni è una delle sfide aperte delle neuroscienze di oggi. E scoprire che in assenza di coscienza (durante il sonno) avviene un cambiamento così grande nella fisiologia può essere un nuovo bandolo della matassa interessante da seguire.
Il battito appena osservato nella corteccia cerebrale, tra l’altro, è solo l’ultimo arrivato fra la miriade di pulsazioni che organizzano l’attività dell’organismo. «Abbiamo sempre studiato il cervello come un organo a sé. In realtà il suo funzionamento è legato a quello degli altri organi. Ci sono evidenze che il suo ritmo abbia a che fare con il ritmo di stomaco, intestino o cuore. Ma c’è ancora molto lavoro da fare per capire come tutte queste cadenze si incastrino l’una nell’altra» spiega Maurizio Corbetta, post-doc di Raichle a Saint Louis e poi suo collega per vent’anni. Oggi ha fondato all’università di Padova il Neuroscience Center, dedicato allo studio dei network cerebrali. «Per dare un’idea di quanto il quadro sia complesso – spiega – all’interno del cervello abbiamo attività rapidissime, che avvengono a mille hertz e altre, come le onde ultra-lente descritte su Neuron, al di sotto di 0,1 hertz.
Un puzzle completo dei ritmi del cervello ci aiuterebbe a capire meglio il suo funzionamento».
La maggior parte degli studi sull’organo del pensiero, di recente, si sta concentrando sulla sua organizzazione generale, anziché sulla funzione delle singole aree. «È assodato per esempio prosegue Corbetta – che l’ictus non produce danni solo in un punto preciso. È così rovinoso anche perché intacca delle reti di neuroni più ampie.
Nell’Alzheimer o in altre demenze possiamo seguire la degenerazione che avanza nel tempo seguendo strade ben precise».
Lo stesso quoziente intellettivo, in uno studio del 2017, è stato legato alla capacità delle varie strutture cerebrali di “fare squadra”.
Una squadra che forse, come allenatore, avrebbe proprio la pulsazione che è stata appena osservata oggi.