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 2018  marzo 30 Venerdì calendario

I prof menati che perdonano sono buoni ma educano poco

Non ci importa nulla se la professoressa bullizzata, quella che ad Alessandria è stata legata con lo scotch e poi presa a pedate (o qualcosa del genere) abbia perdonato e ora minimizzi, e dica solamente che «sono ragazzi infantili» e che «io non sono più arrabbiata, abbiamo preso i provvedimenti giusti». Il perdono è affar suo, non ha niente a che spartire con un sistema scolastico ed educativo che in questo Paese deve decidere se andare in malora o cercare una strada per riscattarsi. Ci importa che a tentare ridicolmente di minimizzare sia stato il preside dell’Istituto Istituto Leonardo da Vinci, Salvatore Ossino: «È stata una presa in giro, tre o quattro ragazzini le hanno mancato di rispetto. E nessuno in quella classe ha voluto svelare i loro nomi, ecco perché è stata decisa una punizione esemplare». Capito? Approfittarsi di un’anziana debole e zoppa (con problemi di deambulazione, si dice) è uno sfottò, roba da poco, dopodiché c’è stata l’omertà dei compagni di classe, forse cresciuti a pane e Gomorra, e allora ecco una punizione «esemplare» che corrisponde a una sospensione virtuale (un mese) con frequentazione della scuola per pulire i cestini delle aule. Da metterci la firma, visto che salteranno un mese di lezioni: ma la “sanzione disciplinare”, da quanto inteso, non inciderà sul profitto. Del famoso “5 in condotta”, che condannerebbe tutti al mancato scrutinio e alla bocciatura, guai persino a parlarne. 
VIDEO SU INTERNET 
Insomma, omertosi i compagni di classe, ma omertoso anche l’istituto, che ha semplicemente fatto di tutto per non far uscire l’episodio dalla scuola: che infatti risale all’8 febbraio scorso, ma è venuto fuori solo ora. Dunque rivediamolo, visto che, tanto, è solo «una presa in giro» nota soltanto perché uno studente (uno normale, cioè) passava di lì e ha visto tutta la scena perché la porta era aperta: c’era questa prof con un paio di bastardi quindicenni ai lati, lo scotch appiccicato addosso, la cattedra spinta contro, parolacce alla lavagna e palline di carta che volavano dappertutto e risate a profusione. Ha preso anche dei calci, la prof? Oh, non è chiaro. Ma pare che sia circolato anche un video (su instagram) e che il preside si sia rivolto alla polizia postale per farlo rimuovere: ma non si sa bene, e poi, in realtà, non ci frega niente neanche di questo. Ci importa che schifezze del genere si può anche nasconderle e basta, non è difficile, perché se manca una denuncia, se nessuno cioè la fa, beh, nessuno procede d’ufficio. Del resto «non è stata violenza, non ci sono stati calci e pugni» ha ripetuto a tutti il preside: beh, ma se non ci sono calci e pugni allora è proprio una cazzata. E lo è aggiungiamo anche senza coltelli e bombe a mano. Perché sono solo ragazzi, giusto? 
Sarebbe una buona ragione per interessarsi ai loro genitori. Perché vedete, pare che alcune madri abbiano già definito «umilianti» i turni dei loro bambini nelle varie aule a fare gli spazzini: hanno definito «umilianti» queste pratiche, secondo La Stampa. Invece deridere una persona fragile, che per i ragazzi dovrebbe anche rappresentare l’autorità, non è umiliante per lei e per loro, macchè. Anche perché lei, la prof, pare quasi presa da sindrome di Stoccolma: «I ragazzi mi hanno chiesto scusa, questo mi basta. Sono stati richiamati. Cresceranno». Forse basterà a lei, che, se vuole, può anche farsi fustigare. Dice che cresceranno: ma come? Meglio: come sono cresciuti, sinora? E qui, a proposito di genitori e di educazione, verrebbe comodo estrarre dall’archivio tutti gli episodi che ultimanmente hanno visto professori e insegnanti assaliti da genitori imbufaliti, senza vergogna né rispetto, gente che pretendeva impunità di voti e di condotta per gli intoccabili pargoli. Ma siccome le eccezioni non fanno la regola, diciamo allora che ormai sono proprio le regole, a mancare. 
FUTURI ADULTI 
«Non sono delinquenti» urlacchiano varie madri infastidite dal baccano mediatico. Giusto: ma, nella delinquenza e nell’inciviltà i loro bambini ci hanno infilato un piede, e sarebbe ora di farglielo comprendere bene: mica pulire i cestini. Magari portarli in una caserma, senza genitori tra le palle. Fargli annusare l’aria. Leggere loro il codice di procedura penale che li avrebbe riguardati se fossero stati maggiorenni, e che riguarda ogni giorno quegli adulti che presto saranno. Prenderli uno alla volta e deprivarli della loro spocchiosa vigliaccheria da branco. Mostrar loro, visto che non l’ha mostrato un’anziana professoressa d’inglese debole e menomata, e non l’ha mostrato un preside, e non potrà mostrarlo un servizio di leva che è stato abolito, che cos’è uno Stato anche solo nella sua declinazione scolastica e che posto saranno chiamati ad avere in esso. 
E i genitori? Oh, ma loro sono innocenti. Loro sono sempre innocenti. Non c’entrano nulla col fatto che abbiamo il più alto numero di “Neet” di tutta Europa (ragazzi fra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano, spesso non hanno finito le scuole superiori o hanno mollato l’università) e no, non c’entrano nulla col paese dei mammoni e dei bamboccioni, del familismo all’italiana, il paese della più bassa percentuale europea di mobilità scolastica. I genitori sono innocenti, non c’entrano nulla con un ruolo che li vede sempre più spesso come fratelli e complici dei figli e non più appunto genitori, tutori, primi responsabili educativi che dovrebbero insegnare il rispetto di sé e degli altri. E offrire, se necessario, l’autorità necessaria. Non c’entrano, loro: «È compito della scuola», sono capaci di dirti.