la Repubblica, 3 aprile 2018
Gli «indesiderati» della Little Africa di Tel Aviv
Chi sono i migranti “indesiderati” presenti in Israele e al centro dell’accordo con l’Onu, per ora sospeso?
Si tratta in gran parte di richiedenti asilo eritrei e sudanesi, arrivati in Israele a partire del 2007 attraverso il confine egiziano. Secondo le ultime informazioni fornite dall’Agenzia per la popolazione, l’immigrazione e le frontiere (Piba), alla fine del 2017 erano presenti 26.600 eritrei e 7.600 sudanesi in Israele. Molti vivono ammassati nei sobborghi a sud di Tel Aviv, in una zona nota come «Little Africa».
Che cosa prevedeva il piano israeliano di rimpatri forzati in Africa?
La “Procedura per l’espulsione verso Paesi terzi”, entrata in vigore nel gennaio 2018, prevedeva che a ogni migrante eritreo o sudanese che avesse accettato di andar via venissero dati 3.500 dollari e un biglietto aereo per il Paese d’origine o un non meglio precisato Paese terzo con cui lo Stato ebraico aveva raggiunto un accordo (si era parlato di Ruanda e Uganda, che avevano negato). Chi avesse rifiutato, avrebbe rischiato la detenzione a tempo indeterminato. Questo perché, secondo Israele, si tratta di migranti economici e non di rifugiati. L’avvio dei “rimpatri volontari” era fissato per i prossimi giorni, ma la Corte suprema israeliana l’aveva temporaneamente bloccato.
Quali erano state le reazioni al programma di espulsioni dei migranti africani?
Amnesty International ha bollato la politica israeliana di espulsioni come «un’abdicazione alle responsabilità nei confronti dei migranti e tipico esempio di quelle misure crudeli che stanno alimentando la crisi globale dei rifugiati». Critiche erano arrivate anche dall’Alto commissario per i rifugiati dell’Onu, Filippo Grandi: «Ciò che ha deciso il governo israeliano è di grande preoccupazione». Contro il progetto si erano schierati anche 35 scrittori israeliani, fra cui Amos Oz, David Grossman, Abraham Yehoshua. E ancora: alcuni piloti della El Al, la compagnia di bandiera israeliana, avevano annunciato il loro rifiuto a partecipare alle deportazioni degli immigrati in Ruanda e Uganda.
Che cosa cambierebbe ora con l’accordo stipulato tra Israele e Unhcr, per ora in “stand-by”?
Il governo di Netanyahu e l’Alto commissariato Onu per i rifugiati avevano raggiunto un accordo in base al quale oltre 16mila richiedenti asilo africani attualmente in Israele saranno trasferiti in Paesi “sicuri” occidentali. L’intesa, che in teoria sarebbe attuata nell’arco di 5 anni, di fatto cancellerebbe il contestato piano di espulsione in Africa.