il Fatto Quotidiano, 3 aprile 2018
Delrio, il renziano a metà che potrebbe tentare il colpaccio
La strategia politica ideata da Renzi dopo il disastro del 4 marzo è elaboratissima: il rosicamento. Se ne stanno in un angolo a guardare e frignare, sperando che gli altri (e il Paese) nel frattempo si schiantino. Tanto peggio, tanto meglio: che fini statisti, questi renziani. Il Pd attuale appare al tempo stesso tragicomico e straziante. Servirebbe qualcuno munito di coraggio, senso della morale e magari qualche cromosoma di sinistra. Ma all’orizzonte non se ne vedono mica. Emiliano non sarebbe male, ma non ha i numeri. Cuperlo è uomo di smisurata cultura e finissimo nella teoria, ma non è un leader. Martina è un bravo ragazzo. Orlando dice spesso delle cose condivisibili, ma non appena vede Renzi si trasforma nel Poro Asciugamano. Chi resta? Orfini, cioè niente. Richetti, cioè un Renzi molto più bravo. E poi Delrio: Graziano Delrio. Dicono che sarà uno dei candidati alla segreteria, anche se lui per ora nega risolutamente. Classe 1960, due volte sindaco di Reggio Emilia, dal 2004 al 2013, con maggioranze bulgare. Presidente Anci, Presidente dell’associazione Giorgio La Pira. Primo sindaco non comunista di Reggio Emilia, città in cui è nato e si è laureato (Medicina, specialista in Endrocrinologia). Studi in Gran Bretagna e Israele. Sposato a 22 anni: “Una scelta di passione, non di ragione: aspettavamo un bambino”. Nove figli: “Un atto d’amore, ma non pianificato, non ci siamo mai seduti e detti: vogliamo tanti bambini. Siamo semplicemente stati aperti alla possibilità che i figli arrivassero. Nato il nono, abbiamo detto basta. Avevamo sempre potuto contare sull’aiuto dei nonni che però, nell’arco di pochissimo tempo, sono mancati tutti. Senza di loro sarebbe diventato impossibile gestire un altro neonato”.
Gaberiano di stretta osservanza, del Signor G ama anzitutto quello del Teatro Canzone, ovvero l’intellettuale fieramente urticante e iconoclasta. Tutte caratteristiche che, nel suo percorso politico, mancano totalmente. E deliberatamente. Persona piacevole e di cultura, renziano della primissima ora. Così parlava a Vanity Fair nel maggio 2013: “C’è bisogno di gente giovane, libera dai retaggi del passato. Enrico (Letta, ndr) ma anche Matteo (Renzi, ndr): sono tra i pochi ad aver sempre creduto in lui, lo vedo come un figlio – anche perché ha pochi anni più del mio primogenito – e penso che debba essere il prossimo candidato premier”. Renzi, essendo un politico caricaturale e senza doti, ha sempre sofferto quelli che rischiavano di fargli ombra: Gori, Richetti, Minniti. E appunto Delrio. Dopo il ruolo di ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie con Letta, Renzi lo vuole sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dura poco, giusto un anno e spiccioli, perché Delrio è troppo ingombrante per il Sire di Rignano. Così Delrio viene “relegato” a ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ruolo che mantiene pure con Gentiloni. Nel frattempo è lambito da inchieste che lo vedono indirettamente coinvolto ma mai indagato, da cui esce immacolato e intonso. Eletto deputato il 4 marzo, è poi scelto per acclamazione capogruppo Pd alla Camera. Forse una buona notizia e forse no per Renzi, che nel frattempo blinda il Senato con l’ultrà surreale Marcucci. Figura tra le più autorevoli del Pd, Graziano Delrio è da anni a metà del guado: renziano, sì, ma non troppo. O se preferite il contrario: antirenziano, sì, ma per scherzo. Un po’ tutto e un po’ niente. Ora che il suo partito agonizza, potrebbe provare uno slancio in avanti: “un’intenzione del volo”, per dirla col suo (?) Gaber. Ma forse è chieder troppo.