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 2018  marzo 31 Sabato calendario

Zuckerberg si scusa comprando pagine sui giornali di carta

Il contrappasso ha, sulle prime, la forza evidente di una beffa. Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ha acquistato domenica un’intera pagina a pagamento su tre quotidiani americani e sei britannici. Lo ha fatto per scusarsi, dopo che il caso Cambridge Analytica ha chiarito al grande pubblico cosa può esser fatto con i dati personali, se il social network non ne impedisce usi impropri. E l’ha fatto – qui sta l’ironia – sulla carta stampata. Non è la prima volta che un colosso fondato sulla vendita di pubblicità online ne acquista su testate tradizionali. Capitò a Google, nel 2012. Ma allora si trattò di una prova di forza: uno spot su carta per dire che quelli su Google funzionano di più. Quella di oggi, invece, sembra quasi una richiesta di tregua. Un segnale inviato a chi, i giornali, li legge; ma anche a chi li pubblica. Due giorni fa, sul sito Axios, Scott Rosenberg ha rivelato le lamentele che i dirigenti di Facebook (e Google) esprimono, in privato, sulla copertura critica da parte dei media tradizionali. Una copertura ispirata, per i giganti hi -tech, da ragioni economiche: intralciare chi cattura gran parte della la pubblicità online, e avvantaggiarsene. Ma a rendere possibile quella copertura è soprattutto un clima nuovo: intorno e dentro questi colossi. Pentiti, talpe, fughe di notizie. L’ultima, ieri, ha svelato un documento interno di due anni fa, firmato da Andrew Bosworth, uomo di fiducia di Zuckerberg. All’indomani dell’uccisione di un giovane americano avvenuta in diretta Facebook, «Boz» scrisse che la missione dell’azienda era connettere le persone: anche se farlo «magari costa la vita a qualcuno che viene esposto alle violenze dei bulli; o a qualcuno che magari morirà in attentati organizzati sulla piattaforma». Gli ultimi scandali hanno spinto Zuckerberg a diventare molto più disponibile con la stampa Usa. Interviste a tv e giornali; persino una (rara) risposta vergata, ieri, per Buzzfeed, testata autrice dello scoop. Diverso l’atteggiamento con la stampa del continente, l’Europa, che ha varato una nuova, durissima normativa sulla privacy, e che lo ha multato per le false informazioni sull’integrazione dei dati di Facebook e WhatsApp. Un segnale (110 milioni di euro, contro una capitalizzazione di 415 miliardi), ma molto chiaro. «I social possono salvarsi?», si chiedeva tre giorni fa il New York Times. A Zuckerberg, per rispondere, servirà più di una pagina di pubblicità sui giornali.