il Giornale, 31 marzo 2018
I bambini e l’arte. Il Metropolitan Museum di New York crea spettacoli per neonati
Il bambino è un fuoco da accendere, scriveva l’umanista François Rabelais. Ed è a questo fuoco che si rivolgono, con sempre maggior frequenza, i musei, i siti archeologici, i gruppi editoriali e le gallerie d’arte più all’avanguardia, convinti di un’evidenza oramai lapalissiana: i bambini sono, al tempo stesso, il futuro della società e uno straordinario business. Un infante che legge diventerà un genitore che farà leggere i suoi figli. Un infante abituato ai musei sarà, in futuro, un adulto che vi porterà familiari e amici. Il fattore moltiplicatore – culturale ed economico – è chiarissimo.
Non è un caso che il Metropolitan Opera di New York, in collaborazione con i ricercatori della Columbia University, offra 10 spettacoli gratuiti, tra aprile e maggio, di musica e canto, pensati appositamente per i neonati tra i 6 mesi e l’anno e mezzo. Ma anche in Italia, sebbene la maggior parte dei luoghi d’arte offrano una fruizione elitaria e autoreferenziale, spesso distante dal coinvolgimento desiderativo dei bambini, si sta diffondendo la salutare abitudine di avvicinare l’arte e la scienza ai più piccoli. Così ad ottobre, durante la Giornata nazionale delle famiglie al museo, istituita in sinergia con il Ministero dei Beni Culturali, quasi 800 musei, tra cui il Maxxi di Roma, la Pinacoteca di Brera e altri 100 spazi statali, offrono prezzi agevolatissimi per genitori e piccini, ma anche giochi a tema, momenti creativi, visite e laboratori emozionali.
Nelle regioni del Nord e del Centro Italia, si stanno costituendo i cosiddetti Archeopark che in modo interattivo ricostruiscono gli insediamenti preistorici e antichi, le loro usanze di vita e di caccia. Dalla Lombardia (ad esempio, l’Archeopark di Boario Terme) alla Toscana (l’Archeodromo di Belverde a Siena) o in Veneto (il Parco Archeologico Didattico del Livelet a Revine Lago, vicino Treviso). Per avvicinare i capolavori dell’arte ai ragazzi, più che portarli a vedere gli originali, stanno sorgendo le sale multimediali immersive (ad esempio Klimt Experience), in cui, attraverso le nuove tecnologie digitali, le grandi opere dell’artista vengono proiettate su enormi pareti, con grande impatto visivo e sonoro, così da generare un’esperienza di coinvolgimento quasi cinematografico. Walt Disney ci ha insegnato che i bambini devono essere sedotti da una narrazione affascinante: così varie case cinematografiche hanno prodotto cartoni animati chiaramente educativi e avvincenti, come «Leo da Vinci – Missione Monna Lisa» o «Ulisse, il mio nome è nessuno».
L’editoria infantile è, ad oggi, il solo settore cartaceo in regolare crescita: secondo i dati dall’AIE (Associazione Italiana Editori), i maggiori consumatori di libri sono i piccolissimi dai 2 ai 5 anni, con una media del 63%. Ma anche nell’adolescenza la percentuale rimane alta (intorno al 40-50%). Prova ne sono non soltanto i 450 milioni di copie vendute di Harry Potter (sicuramente minori rispetto all’innumerevole quantità di Pinocchio, Alice nel Paese delle Meraviglie o il Piccolo Principe), ma i tanti classici travasati a fumetti (dall’Iliade e Odissea alla Divina Commedia). Il mercato ha capito che il connubio arte-bambini non è solo un processo formativo di indispensabile rilevanza per la società, ma anche uno strepitoso moltiplicatore di guadagni, ricerche, sperimentazioni tecnologiche ed educative.