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 2018  marzo 30 Venerdì calendario

Addio al Mondo

Niente ci sarà più caro della sconfitta, e lo dico da tifoso del Toro che sul divano addenta la sciarpa per trattenere le imprecazioni, a ognuna delle seriali sconfitte di quarant’anni di granatitudine. Ma niente ci sarà più caro della sconfitta nella notte di ventisei anni fa, quando Emiliano Mondonico sollevò la sedia al cielo, al culmine di tre pali (colpiti da Casagrande, Mussi e Sordo) che diedero la coppa all’Ajax. E sebbene la retorica della sconfitta sia detestabile, giustificata col ricorso al destino, parolina più consolatrice di Dio, come se le nostre vite fossero determinate da molto lontano: la sconfitta non è colpa nostra. Certo che lo è. E però non è il peggiore dei mali. Mondonico era già arrivato con l’Atalanta a un passo dall’apoteosi, e anche lì fu un palo a negargliela. E con ciò? Vorrei che il Toro al tempo della mia vita avesse vinto dieci scudetti, ma l’amore della gente per Mondonico non peserebbe un grammo di più, se quella sera uno dei tre pali si fosse tramutato in trionfo. Il calcio dovrebbe insegnare che l’approdo di una sconfitta è una visione più precisa di noi stessi. Voglio dire che in un mondo in cui ognuno ha un podio su cui installarsi da sé, e da cui rovinerà senza nessuna epica, la sconfitta bisognerebbe invocarla; e poi alzare una sedia al cielo, nella precisa direzione di Mondonico.