Gazzetta dello Sport, 30 marzo 2018
I conti e i programmi di Lega e M5s
Nel Pd stanno discutendo su questo: se i gruppi vadano riuniti prima di salire al Quirinale o solo dopo aver parlato con Mattarella.
• Per dire i bizantinismi...
La differenza sarebbe questa: i gruppi riuniti prima di salire al Quirinale si metterebbero di sicuro a discutere dell’opportunità di dare una mano a Di Maio, contro il destro Salvini, cioè in definitiva non sarebbero del tutto alieni dal far parte di un governo cinquestelle. Riunendosi dopo, si limiterebbero a discutere delle proposte di Mattarella e intanto avrebbero però ribadito anche al capo dello stato la loro volontà di stare all’opposizione senza se e senza ma. Ecco quelli che lei chiama «bizantinismi».
• Ma poi il Pd conta qualcosa? La partita è nelle mani dei democratici?
Di Maio li adopera come «secondo forno», cioè fa capire a Salvini che se non gli fa fare il governo, può sempre andare a comprare il pane in un secondo forno, cioè mettere insieme una maggioranza con i democratici. È tutto molto, molto aleatorio e il presidente della repubblica, intelligentemente, ha già fatto capire che lascerà cuocere i suoi polli a lungo. Le consultazioni cominceranno non più martedì, ma mercoledì (è lo stesso giorno del derby, il milanista Salvini ha reso noto che salirà al Colle con la radiolina incollata all’orecchio), poi è stata fatta filtrare la notizia che il capo dello stato farà due giri di consultazioni, a cui seguiranno di sicuro uno o due giorni di riflessioni... Andremo oltre la metà del mese per un primo incarico.
• Io dico che, a parte le schermaglie di questi giorni,c’è un problema di programmi e di compatibilità reciproche e rispetto alla situazione complessiva del Paese. Dico: nel caso si vogliano mnettere insieme i grillini e i leghisti.
Senza addentrarci in tutti i dettagli dei due programmi, diciamo che per il Movimento 5 stelle il punto qualificante è il cosiddetto «reddito di cittadinanza», una somma da corrispondere a nove milioni di senza-lavoro che non abbiano rifiutato per più di tre volte offerte nel raggio di cinquanta chilometri da casa o da luoghi di lavoro raggiungibili con i mezzi pubblici entro 80 minuti. Chi controllerà i cinquanta chilometri o gli 80 minuti? I grillini suppongono di investire un paio di miliardi per rafforzare i centri per l’impiego, l’Inps intanto ha calcolato che la loro idea costerebbe allo Stato 37 miliardi. I grillini si sono molto risentiti di questo numero che considerano provocatorio: secondo loro, la misura non peserebbe sulle casse pubbliche per più di 17 miliardi. sia chiaro: non ci sono né i 37 né i 17 e nel frattempo l’Europa ci impone una trentina di miliardi di salasso per recuperare le spese passate e far fronte al debito. Di Maio oltre tutto non vuole andare allo scontro con Bruxelles, anzi il capo politico grillino ha comunicato ai suoi del parlamento europeo che bisogna prepararsi a lasciare Nigel Farage e avvicinarsi a Macron, idea condivisa anche da Macron, interessato a guidare, prima delle elezioni dell’anno prossimo, un vasto schieramento transnazionale.
• E il programma della Lega?
A parte le prese di posizione sugli immigrati, i capisaldi sono la flat tax, cioè un’aliquota unica del 15%, e la cancellazione della legge Fornero. Più l’uscita dall’euro o il ritorno alle condizioni pre-Maastricht. L’imponibile dichiarato dagli italiani è di 833 miliardi l’anno, su cui il fisco preleva 155 miliardi di gettito Irpef. Con l’aliquota unica al 15% si scenderebbe a un centinaio di miliardi di prelievo, ma la perdita di 50 miliardi - argomentano i leghisti - sarebbe compensata dall’aumento dei consumi e dal conseguente incremento del gettito Iva. Per cui, dopo un primo anno difficile, il paese starebbe progressivamente meglio. La cancellazione della legge Fornero avrebbe invece costi molto più sostenuti: 26 miliardi nel solo 2020 (calcoli del Fondo monetario), ma addirittura 100 miliardi in questa legislatura e 280 miliardi nel lungo periodo 2020-2060 (calcoli del Sole 24 Ore). Salvini vuole aggirare questo problema costringendo l’Europa a rivedere il limite del 3% nel rapporto deficit/pil che, a parer suo, andrebbe sfondato. Oppure costringendo i tedeschi ad obbedire all’altra regola Ue, sempre disattesa, secondo cui non si ammettono eccessi di surplus commerciale oltre un certo limite. Cioè la Germania ricava troppi soldi dalle sue compravendite all’estero e le regole Ue vorrebbero che spendesse questi soldi in più investendo nelle aree meno fortunate del continente. Per esempio, da noi.
• Gli europei lasceranno spendere e spandere a grillini e leghisti?
Credo di no. La Welt ha dato notizia di un vertice dei tre econimisti con cui la Merkel si consulta più spesso, cioè Hans Werner Sinn, Clemens Fuest e Christoph Schmidt. Costoro raccomandano di introdurre, nelle regole Ue, una clausola che permetta l’uscita volontaria di un paese membro (come potrebbe essere la Germania) o l’espulsione dei paesi troppo pervicacemente inadempienti, come potrebbe essere l’Italia. Forse è un bluff, ma forse no. Fuest ha ribadito gli stessi concetti a Federico Fubini del Corriere della Sera, riferendosi esplicitamente all’Italia e al risultato elettorale del 4 marzo.