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 2018  marzo 29 Giovedì calendario

L’uomo che restituì il nome ai nemici

In un cimitero in mezzo all’Oceano Atlantico, intorno a 123 lapidi bianche, si annodano vite che in teoria mai si sarebbero dovute incontrare: da Londra Geoffrey Cardozo, ex colonnello britannico, e Roger Waters, ex bassista dei Pink Floyd; da Buenos Aires il veterano Claudio Avruj e in rappresentanza di 110 famiglie la signora Maria Antonieta Lobos, madre di un ventenne morto il 14 giugno 1982, nell’ultimo giorno di un conflitto che divide due popoli a cominciare dal nome: per gli argentini è «la guerra delle Malvinas», la stessa che per gli inglesi è «la vittoria delle Falklands». 
Ancora divisi sul passato e sul futuro, non più su quelle lapidi rimaste per 35 anni senza nome. «Soldado argentino solo conocido por Dios», soldato il cui nome soltanto Dio conosce, si legge sulle tombe di Darwin. Lunedì scorso, al cospetto dei familiari, a ciascuna di quelle pietre è stato dato un volto, una storia. «Non voglio morire senza portare un fiore a José Antonio», raccontava un anno fa l’ottantenne signora Lobos. Ora ha potuto farlo. Ora i pellegrinaggi dalla terra ferma non saranno più verso il campo dei militi ignoti.
Per l’ex colonnello Cardozo erano anche suoi figli. Li chiamava così, «mis hijos», una volta ricevuto l’incarico di dare sepoltura ai «nemici». Lui che era arrivato sulle isole per assistere i commilitoni stressati nel dopo conflitto, si ritrovò a raccogliere «i morti altrui», recuperati con gli elicotteri nei campi minati. Londra voleva spedirli in patria, in Argentina, Buenos Aires rifiutò perché «erano già nella loro terra». Cardozo li fece seppellire con cura, con i documenti e gli oggetti personali, le lettere ritrovate in tasca (nessuno aveva piastrine identificative). Quella cura ha permesso nel 2012 di cominciare una ricerca fino ad allora impensabile. 
Quell’anno Waters, l’ex Pink Floyd da sempre critico con il suo governo sul caso Falklands/Malvinas, convinse la presidenta Cristina Fernández Kirchner ad accettare una collaborazione considerata «poco patriottica». Sulla terra ferma fu raccolto il Dna dei familiari. Sull’isola la Croce Rossa riesumò i corpi. Dal «confronto genetico» si è arrivati all’identità dei soldati. 
Il capo dei veterani argentini, Claudio Avruj, saluta in Cardozo «un amico». Confessa che all’inizio era diffidente: «Pensavamo fosse un piano per rimandarci le salme. Fu mia madre a convincermi: “Chi siamo noi – mi disse un giorno – per impedire a una mamma come me di piangere suo figlio sulla tomba?”».