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 2018  marzo 28 Mercoledì calendario

Le stelle cadenti della Nba. Il fisico non regge il ritmo

Mettere assieme Kyrie Irving, Steph Curry, Kawhi Leonard, Jimmy Butler e DeMarcus Cousins potrebbe garantire un comodo titolo Nba o più facilmente un oro olimpico. Oggi, però, un quintetto da sogno come questo rappresenta soltanto la squadra fantasma dei grandi infortunati Nba, che potrebbe essere arricchita anche da due stranieri del livello di Danilo Gallinari e Kristaps Porzingis. Il tentativo di diluire il calendario, anticipando di otto giorni l’inizio della stagione regolare per limitare il numero di gare in serate consecutive e i cicli da quattro match in cinque giorni, non ha infatti fornito i risultati auspicati. Al contrario, il 2017/18 verrà associato alla caduta degli Dei, perché mai come oggi la corsa al titolo può essere condizionata dagli infortuni.
I guai delle big
Houston guida la Western Conference sebbene abbia dovuto fare a meno del grande acquisto Chris Paul per 19 partite. Golden State è seconda ad Ovest e resta la grande favorita, ma ha disputato cinque delle ultime sei gare senza Klay Thompson (pollice fratturato), Kevin Durant (problemi al costato) e Stephen Curry, la cui distorsione al legamento collaterale del ginocchio sinistro lo costringerà a saltare il primo turno dei playoff. Va poco meglio ai rivali delle ultime tre finali: Cleveland ha appena recuperato Kevin Love dopo la frattura alla mano, senza dimenticare che l’acquisto estivo Isaiah Thomas (anca) è stato atteso fino a gennaio e poi è stato ceduto ai Lakers. Per non parlare di Boston, che prima ha perso Gordon Hayward cinque minuti dopo il debutto con una caviglia rotta e ora incrocia le dita per il ginocchio operato di Kyrie Irving, a rischio per l’inizio dei playoff. Senza contare che l’Mvp delle finali 2014, Kawhi Leonard, ha saltato quasi l’intera stagione per una tendinopatia al quadricipite che ha creato tensione con i San Antonio Spurs.
Calendario senza respiro
Una stagione regolare da 82 partite in meno di sei mesi coincide con ritmi serrati, senza dimenticare che alle partite si aggiungono i viaggi, che pure sono nel massimo comfort, e il tempo per riposare viene fatalmente a mancare. Certo, nella storia della Nba il calendario è sempre stato stretto, ma mai come oggi il gioco aveva conosciuto questi standard atletici: è un problema per chi deve arbitrare uno sport sempre più veloce, ma anche per chi deve recitare da protagonista ed è più soggetto a guai di usura e ad infortuni traumatici. L’ipotesi di diminuire la quantità di partite non viene presa in considerazione, dato che il numero di gare è direttamente proporzionale agli introiti – legati a diritti tv, biglietti e sponsor – in una Lega che ha superato i sette miliardi di dollari di fatturato annuo. Facendone una questione economica, però, emerge un’allarmante perdita legata agli infortuni: prendendo in esame i 20 principali lungodegenti (per 647 gare saltate finora) e sommando quanto hanno percepito nei rispettivi periodi di assenza, emerge una cifra di 168 milioni di euro, cioè ben oltre il monte salari della squadra più costosa della Lega, che è Golden State con quasi 111 milioni di stipendi. La proporzione è chiara: nella Nba odierna, esiste una squadra fantasma degna di vincere il titolo.