Libero, 27 marzo 2018
Fuori dall’Europa l’Inghilterra vola
Seguire la volontà popolare porta buoni frutti. Dopo l’uscita dall’Unione europea l’economia inglese ha preso il volo. Contrariamente a tutte le previsioni, il numero di occupati è al record storico, gli ordini industriali al livello più alto da vent’anni e perfino l’indice di felicità è al massimo. Anche gli stipendi sono aumentati, e si sono ridotte le differenze tra classi sociali. Proprio quello che voleva chi ha votato per lasciare l’Europa: fermare i danni della globalizzazione, che ha fatto diminuire i salari e creato schiavi poveri. I mercati finanziari si sono adeguati mentre la vecchia politica, che punta solo alla conservazione, purtroppo no. È andata così negli Stati Uniti di Donald Trump e succederà lo stesso in Italia con un eventuale governo Lega-Cinque Stelle.
Brexit ha riportato al centro dell’agenda politica i problemi della gente, fino a ieri dimenticati. E sostenere che a quel referendum di giugno 2016 hanno votato le fasce di popolazione meno istruita non può essere una recriminazione ma motivo di orgoglio, perché quelle sono le persone che hanno più bisogno ed è giusto che di esse si occupino i governi. Non è una questione di partiti o di persone o di andamento del Pil, è una scelta di vita e di ideali che riguardano la democrazia, la sovranità e il fatto che le leggi devono essere fatte in Parlamento da persone scelte dal popolo, non calate dall’alto come potrebbero essere la Troika, Bruxelles o governi tecnici. Brexit manda anche un segnale di fiducia, che noi dobbiamo ancora ritrovare, nei confronti del Paese e della sua classe dirigente. Nessun governo è buono o cattivo per definizione, dipende dall’uso del potere che chi è al governo fa.
Prima dell’uscita dall’Ue, il Fondo Monetario Internazionale prevedeva per il Regno Unito un crollo dei valori delle attività finanziarie, dei prezzi delle case e la fuga degli investimenti esteri. Tutti e tre questi indici sono invece schizzati in alto.
NUMERI A CASO
Per Barclays nel 2017 ci sarebbe dovuta essere una contrazione del Pil dello 0,4%, per Credit Suisse dell’1% e per Nomura dell’1,3%, invece c’è stata una crescita dell’economia inglese dell’1,8%, più dell’Italia. Per l’Ocse sarebbero dovuti crollare i consumi, ma così non è stato. Addirittura lo stesso ministero del Tesoro inglese prevedeva recessione per almeno un anno e una perdita di 500mila posti di lavoro. Invece ne sono stati creati 560mila, grazie alla crescita dell’economia, e il tasso di disoccupazione oggi è il più basso degli ultimi 43 anni. Ne fa un’analisi approfondita il Wall Street Journal.
MONETA GIÙ
Il punto è che gli economisti stilano le previsioni sulla base di quello che loro pensano e non su dati oggettivi. L’unica stima azzeccata è stata quella del crollo del 10% della sterlina, che tra l’altro è un bene perché agevola le esportazioni, mentre a livello interno ha causato un aumento dell’inflazione vicino al 3%. Anche la grande fuga di personale del mondo bancario e finanziario non si è realizzata. Deutsche Bank doveva licenziare 4mila persone da Londra e invece gli esuberi saranno non più di qualche centinaio e proprio la scorsa estate ha preso in affitto un nuovo stabile per gli uffici. In totale, nel settore dovevano esserci oltre 100mila licenziamenti mentre sono stati 3mila. E anche il numero di cittadini dell’Ue che lavorano in Gran Bretagna e ci si aspettava venissero “cacciati”, sono invece aumentati del 70%. Lo stesso dicasi per le università: a Cambridge, per 382 studenti Ue che sono andati via, 509 sono arrivati. E come piazza finanziaria Londra se la gioca con Hong Kong, New York e Singapore, tutte fuori dall’Ue, tutte di primissima importanza.
Nulla da temere, allora, se Di Maio e Salvini, che insieme hanno preso la maggioranza dei voti, andranno al governo. Ben venga Berlusconi se vorrà portare il suo spirito moderato. Chi paventa la fine del mondo o il crollo dei mercati ha solo paura di perdere i propri privilegi, che si comincino finalmente a fare gli interessi del Paese. La democrazia vince sempre e i numeri lo dimostrano.