la Repubblica, 28 marzo 2018
Def, Gentiloni getta la spugna deciderà il prossimo governo
ROMA Il governo Gentiloni è orientato a non presentare in Parlamento il Def, il documento che traccia le politiche economiche dei prossimi tre anni: il compito spetterà al nuovo esecutivo. «Nessun golpe», ha fatto sapere ieri l’esecutivo. La decisione oggetto di accurata riflessione è maturata nelle ultime ore. La Commissione dei 65, di cui oggi il presidente della Camera Fico, dovrebbe nominare il presidente, non sarebbe dunque chiamata ad esaminare il Def ed ad esprimersi con una risoluzione. Solo se la crisi politica dovesse protrarsi per più settimane senza dare segnali concreti di sbocco, la decisione potrebbe essere rivista.
Prima delle elezioni, a fine febbraio in una intervista televisiva, fu lo stesso ministro dell’Economia Padoan ad annunciare che sarebbe stato il governo in carica, in assenza di un nuovo esecutivo, a prendersi l’onere di presentare il Documento di economia e finanza. Il precedente era quello del governo Monti nel 2013: il governo non era ancora costituito e l’allora ministro dell’Economia Vittorio Grilli presentò un Def, con tendenziali e addirittura con un quadro programmatico, che fu esaminato come da prassi da una commissione speciale parlamentare in attesa del nuovo governo.
Il quadro politico e, soprattutto quello economico – eravamo ancora nella coda della crisi dei debiti sovrani – allora era più incerto e dunque fu necessario dare un messaggio immediato ai mercati. Oggi i broker sembrano calmi, grazie all’azione del quantitative easing della Bce e anche la Commissione europea ci ha fatto sapere informalmente che non sarà necessario rispettare alla lettera le scadenze. E ieri il commissario europeo agli Affari monetari Pierre Moscovici ha ribadito che non ha alcuna intenzione di forzare il «ritmo democratico» dell’Italia.
Difficile dire se l’evoluzione del dibattito politico post elettorale dei giorni scorsi, prima della frenata di ieri, abbia favorito la decisione del governo. Certamente l’elezione lampo dei due presidenti di Camera e Senato ha contribuito a sminare il difficile percorso. Fatto sta che, nonostante le nuove nubi, si è deciso che le condizioni permettono di attendere e di delegare l’impostazione della politica economica al prossimo esecutivo.
La decisione sembrerebbe deludere principalmente Lega e Cinque Stelle, impegnate in una difficile manovra di avvicinamento sui contenuti, e alla ricerca di un palcoscenico per dare una prima risposta all’elettorato che ha votato sulla base di programmi accattivanti ma costosi. La Commissione dei 65, che verrà comunque costituita per smaltire gli altri provvedimenti, avrebbe potuto infatti essere un terreno di confronto sui programmi e di ulteriore visibilità. Su flat tax, reddito di cittadinanza e legge Fornero i due “vincitori” delle elezioni hanno smussato gli angoli e anche il Pd ha lanciato negli ultimi giorni segnali sul rafforzamento del reddito di inclusione: le risoluzioni avrebbero potuto essere delle vere e proprie prove tecniche di un programma. Anche se, in mancanza della responsabilità di un governo, avrebbero avuto il sapore di un proseguimento della campagna elettorale.
Per Gentiloni e Padoan tuttavia c’era il rischio di esporre un Documento, seppure limitato alla fotografia della situazione esistente, al tritacarne delle critiche dei partiti presenti in Commissione. Così la decisione che, va sottolineato, potrebbe rientrare nel caso di uno stallo ulteriore sul piano politico.
La bozza del Def peraltro è virtualmente pronta e lascia un quadro abbastanza sostenibile dell’economia e dei conti pubblici. Dopo aver centrato esattamente le previsioni di crescita del Pil dello scorso anno ( all’ 1,5 per cento) e aver migliorato il rapporto deficit- Pil all’1,9 (invece del 2,1 per cento) la situazione è stabile e potrebbe lasciare in eredità anche un perfezionamento dei tendenziali. Spetterà al nuovo governo fare in fretta: perché comunque nei primi giorni di maggio la Commissione varerà le nuove previsioni, con o senza i nuovi indirizzi di politica economica.