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 2018  marzo 25 Domenica calendario

Skripal, il Novichok russo e il nervino “in offerta”

Nella guerra di spie e dichiarazioni sul caso Skripal – l’ex colonnello dei servizi segreti militari russi avvelenato assieme alla figlia nel suo ritiro inglese – Mosca si difende con decisione; la portavoce del ministero degli esteri Maria Zakharova, ha ribadito: “Né in Russia né in Unione sovietica ci sono mai stati programmi di ricerca per lo sviluppo di un gas chiamato Novichok”.
Eppure, qualcuno che conosceva bene quel tipo di nervino c’era: si chiamava Anatoly Kuntsevich ed era un generale assegnato nel 1990 al programma di abolizione dell’arsenale batteriologico in mano al Cremlino; ma l’alto ufficiale invece di smantellare i depositi, lavorava per preservarli e il presidente Boris Eltsin nel 1994 lo allontanò per “numerose e gravi violazioni”. Eltsin aveva puntato sull’uomo sbagliato; Kuntsevich era uno scienziato, ma soprattutto un soldato e a lui erano state affidate decine di migliaia di tonnellate di gas nervino e gas mostarda, conservate in sette siti sparsi in Russia e guardati a vista da esercito e blindati. La distruzione di quei veleni era obbligata per Mosca in base all’accordo firmato nel 1990 con Washington, per fermare la produzione di quel tipo di armi e stabilizzare i rispettivi arsenali a 5.000 tonnellate entro il 2002.
Il sospetto degli americani era che i russi avessero messo a disposizione solo una parte delle proprie riserve di armi chimiche. Fra queste, secondo Will Englund – un veterano del Washington Post, vincitore di un Pulitzer – c’era anche il Novichok: Englund proprio sul WP qualche giorno fa ha ricordato di aver parlato con alcuni scienziati coinvolti nella sperimentazione, che gli raccontarono come il lavoro sul Novichok era iniziato in Russia nel 1987; uno degli esperti morì per aver maneggiato in modo incauto il veleno, altri furono processati per aver rivelato il segreto al cronista.
Successivamente la Russia concordò con gli Stati Uniti e 155 altre nazioni una ulteriore firma su un trattato, che stabiliva la distruzione di tutti i veleni e gas velenosi entro il 2005.
Una soluzione che a Kuntsevich non era gradita; gli israeliani lo sapevano perché sin dal 1990 tenevano d’occhio lo sviluppo delle armi chimiche nell’Unione Sovietica ed erano convinti che i generali russi volessero qualcosa di più potente rispetto al nervino e a gas mostarda, che già possedeva. I servizi di sicurezza di Tel Aviv temevano che il generale Kuntsevich volesse fare affari con la Siria, una di quelle nazioni che sognava di radere al suolo lo Stato ebraico.
L’iniziativa dell’esperto di armi chimiche non era sponsorizzata dal Cremlino: un particolare che non contribuiva a rendere più sereni gli agenti del Mossad. Il 29 aprile 2002, in circostanze poco chiare, Kuntsevich morì durante un volo di rientro nella madre patria fra Aleppo e Mosca. I siriani pensarono che il loro alleato fosse stato avvelenato dagli 007 israeliani.
Un documento della CIA classificato top secret – riporta il sito Ynetnews che ha ricordato la vicenda – affermava che la Siria era comunque riuscita, al momento della morte del generale russo, a produrre una grande riserva di armi chimiche particolarmente letali. Secondo alcune fonti americane, nella sua ultima visita a Damasco, Kuntsevich aveva portato i progetti per lo sviluppo del Novichok.
È stata usata questa sostanza per avvelenare l’ex colonnello Skripal e la figlia Yulia? Non è ancora certo. Ma più la storia prosegue, più emergono altri particolari che sembrano usciti direttamente da un romanzo di John Le Carré: l’ufficiale non voleva morire nel suo ritiro dorato inglese ed avrebbe scritto al Cremlino una lettera (Mosca nega di averla mai ricevuta), chiedendo il permesso di rientrare a casa. L’ufficiale del Gru – ha sostenuto Vladimir Timoshkov, un suo amico alla Bbc – non riteneva di essere un traditore: il suo giuramento di fedeltà riguardava l’ex Unione Sovietica, non la Russia moderna. In preda alla nostalgia, dunque, Skripal sperava nel perdono del presidente Putin, e questo potrebbe spiegare perché la figlia era rimasta a vivere a Mosca: il padre agognava di raggiungerla. Qualcuno, invece, aveva un’altra soluzione per lui; non prevedeva un biglietto aereo per la capitale russa ma una corsa di sola andata all’obitorio di Londra.