Gazzetta dello Sport, 28 marzo 2018
Salvini fa sapere a Di Maio che deve rassegnarsi a Forza Italia e, se serve, rinunciare a Palazzo Chigi
Ieri Salvini, ospite di Porta a porta
, ha detto: «Non puoi andare al governo dicendo: “O io o nessuno”. E se Di Maio dicesse davvero “o io premier o salta tutto”, questo non è il modo di agire. Se dice così sbaglia, perché ad oggi è nessuno». Poi ha detto: «Io sono pronto, c’è una squadra pronta. Ma non c’è un pacchetto prendere o lasciare, e il programma si può arricchire e discutere. Ma se si dice “dopo Salvini il diluvio”, no. Guai a chi dice “o Salvini o niente”: non è che l’Italia muoia o rinasca in base a Salvini. Io non vedo l’ora di essere messo alla prova, ma sarei arrogante a dire “o io o nessuno”. Se Di Maio insiste con ’io io io’, gli rispondo “amico mio, non se ne fa niente”». Poi ha ancora detto: «Sono pronto a far saltare tutto anche se si dice “Forza Italia fuori dall’accordo”. Io parto dal centrodestra, abbiamo preso i voti insieme e se Di Maio mi chiede di lasciar fuori Forza Italia, lo saluto. Arrivederci».
• Accidenti.
Frasi che poi il capo leghista ha ammorbidito. «Conoscevo poco Di Maio e i 5stelle. Devo dire che in questi giorni ho trovato persone ragionevoli, costruttive e propositive. Logico che ci siano schermaglie, ma attorno ad un tavolo è possibile ragionare. A loro proporremo un’idea di Italia non di cinque mesi, ma di cinque anni. Non pretendo di imporre il mio pacchetto, ma tutti devono ritenersi provvisori su questa Terra».
• Di Maio aveva effettivamente preteso Palazzo Chigi come condizione imprescindibile di qualunque governo con il M5s?
Un po’ l’ha sempre detto. Ieri mattina, però, ha mandato in avanscoperta Alfonso Bonafede, che nella lista spedita al Quirinale prima delle elezioni era ministro della Giustizia. Bonafede ha detto: «Di Maio premier o niente, se noi ai cittadini presentiamo un altro nome, non eletto, determiniamo il definitivo allontanamento dalla politica. A queste elezioni i cittadini hanno partecipato con entusiasmo e, quindi, va data una risposta e questa risposta secondo noi non può prescindere dalla presenza di Luigi Di Maio come candidato premier». Qui vediamo in azione il principio che i grillini cercano di far valere sin dal primo minuto: siccome il M5s ha preso più voti di tutti, gli altri partiti devono sottomettersi alla sua volontà e permettergli di governare. Già altri hanno fatto notare che se è vero che il M5s ha avuto il 32% dei consensi, è pure vero che non ha avuto il consenso del 68% degli elettori, i quali hanno preferito qualcun altro. È un concetto che, per qualche ragione, non gli entra in testa. Sono bravi, sono buoni, sono belli ma rappresentano solo una grossa minoranza. Hanno da mettersi d’accordo con qualcuno...
• Per esempio con Berlusconi...
Qui casca l’asino. Dopo aver votato, grazie all’accordo con Salvini, la super-berlusconiana Casellati, i vertici del M5s sono stati inondati di critiche, proprio dall’amata rete. Ora Salvini gli annuncia che se vogliono allearsi con lui devono far sedere intorno al tavolo delle trattative anche il Cavaliere, da loro aborrito. Appena sabato scorso Di Maio e i suoi hanno dichiarato impossibile proprio questo: di poter considerare Berlusconi - «il male assoluto», «lo psiconano» - un interlocutore con cui discutere. Se avevano in mente di separare la Lega da Forza Italia, Salvini ieri sera da Vespa gli ha tolto ogni illusione. O si rassegnano a considerare come partner tutto il centro-destra - e non si vede, in questo caso, come potrebbero rifiutarsi di sedere al tavolo con l’orrido Cav - oppure niente. Se ci pensa, è logico. Salvini con tutta la coalizione vale il 37% e può trattare con Di Maio da pari a pari. Salvini da solo ha da mettere in tavola appena il 17%: il M5s vale il doppio, il Carroccio vivrebbe la collaborazione in una condizione inevitabile di subalternità. Il leader leghista ha servito un po’ di medicine amare al signore di Arcore, la settimana scorsa. Adesso qualche purghetta sembra toccare ai grillini.
• Che cosa ha in testa, in realtà?
Premesso che un buon tattico ha come prima regola quella di non far capire fino in fondo le sue intenzioni - e Salvini ha mostrato in questi giorni grandi capacità tattiche - si può tirare a indovinare e dire, per esempio, che la Lega non ha nessuna paura, eventualmente, di un governo M5s-Pd. Anzi. Di Maio premier, e Minniti ministro degli Interni. E ci sono da trovare 30 miliardi, più i soldi per qualche forma di reddito di cittadinanza. Magari l’Europa - che avrebbe paura, a quanto si dice, proprio di un governo M5s-Lega, ma non troppa di un governo M5s-centro-destra, dato che per i nordici Berlusconi è diventato a un tratto una garanzia, e meno che mai di un governo M5s-Pd - gli concederebbe di riportare il deficit al 3% del Pil. Ma intanto, stando al governo e potendo far poco, grillini e dem diventerebbero il bersaglio del malcontento generale. Mentre quelli si barcamenano per tirare avanti, Salvini unificherebbe il centro-destra e se si tornasse presto al voto...
• Ma il Pd ci starebbe? Perché Renzi finora s’è dichiarato contrarissimo...
Quanto comanda ancora Renzi? Ieri si sono eletti i due capigruppo democratici di camera e senato. Delrio alla camera e Marcucci al senato. Marcucci era il nome indicato da Renzi. Ma Delrio no. Il reggente Maurizio Martina ha evitato di far votare, ha proposto i due nomi e li ha fatti approvare per acclamazione. Segno che la conta era pericolosa, che la conta avrebbe potuto far capire che il Pd, per l’ennesima volta, è spaccato e che Renzi non comanda più come prima. Tutto liscio, invece, sul lato Forza Italia, l’altro partito in fibrillazione. Berlusconi voleva, come capigruppo, la Gelmini alla camera e la Bernini al senato. E sono state elette tutt’e due. Se consideriamo che alla presidenza del senato il Cav ha mandato la Casellati, qui l’unico che fa una politica smaccatamente femminista è proprio l’odiato Berlusconi.