la Repubblica, 27 marzo 2018
Gli hedge fund attaccano Mps. Tesoro immobile
MILANO Lo strano male del Monte dei Paschi, che in apparente assenza di notizie continua a prendere calci dai venditori e precipitare a Piazza Affari: -3% ieri a 2,6 euro, il 40% meno che al rientro, cinque mesi fa. Dalle sale operative si iniziano a menzionare i fondi hedge, che con discrezione da qualche seduta starebbero aumentando le vendite allo scoperto su uno dei loro storici bersagli italiani. Eppure, sul sito Consob dove vanno pubblicate le “posizioni nette corte” – in vendita con azioni prese a prestito – della seduta precedente, ci sono 109 nomi di fondi ma nessuno sulla banca senese. Il fatto è che gli scambi su Mps sono così ridotti da risultare invisibili: 2.043 contratti ieri, 6 milioni di controvalore.
Quando però lo Stato dovrà vendere il suo 68%, come è impegnato a fare entro il 2021 con la Commissione Ue, i milioni diventeranno miliardi, di buco nei conti pubblici: ieri si era a 3,6 miliardi, la minusvalenza teorica sui 5,6 miliardi che il Tesoro ha profuso su Siena dal 2015.
La banca nazionalizzata a fine 2016 è tornata in quotazione il 25 ottobre dopo 10 mesi. Forse in queste condizioni non è stata una buona idea: ha perso oltre il 40% con graduale peggioramento, mentre l’indice di riferimento Euro Stoxx banche nel periodo calava di poco. Gli operatori parlano di azione fatta a pezzi quasi ogni giorno per una serie di fattori che rappresentano l’invito a nozze per chi di mestiere fa lo speculatore: la scarsa liquidità di un titolo in mano quasi per intero al primo azionista e agli ex titolari di bond subordinati, così che basta un milione per spostarne i prezzi; l’assenza di compratori “al margine”, perché non c’è ancora visibilità sul recupero operativo, dopo un 2017 terribile partito con 40 miliardi di euro di masse in meno (tra impieghi e depositi) e finito con una perdita netta di 3,5 miliardi per l’onda lunga del cattivo credito svalutato; l’assenza, soprattutto, di un governo con strategie e intenzioni chiare su una delle sue prime partecipate, che balla sempre più tra voci di ricapitalizzazioni smentite giorni fa – di nozze riparatrici a breve – già smentite da Banco Bpm e da Ubi -; il timore di dover rinegoziare, a metà anno, il piano di ristrutturazione su cui Bruxelles ha permesso l’aiuto di Stato.
Per cercare di parare i colpi l’amministratore delegato Marco Morelli giovedì sarà a Londra, per una due giorni con gli investitori della City organizzata da Barclays in cui farà il punto sul dossier e sul recupero della gestione.
Nell’occasione sarà presentato agli investitori il nuovo direttore finanziario Andrea Rovellini, ex capo dei rischi che sta prendendo il posto di Francesco Mele, in uscita tra circa un mese per diventare ad della Spaxs di Corrado Passera. Si dice che Mele, milanese, abbia fatto una scelta di vita, per ricongiungersi alla famiglia e liberarsi del tetto ai compensi che vige a Siena dopo gli aiuti pubblici. Diversi osservatori però hanno preso la notizia come una spia di problemi per il Monte, banca che dopo un 2017 speso nella lotta per non morire ora deve reinventarsi come polo regionale di supporto alle Pmi. Impresa non facile, per i severi vincoli commerciali e operativi di Bruxelles in cambio degli aiuti pubblici: oltre al fatto che perfino sui presidi storici toscani è sempre più arduo rivaleggiare con Intesa, Unicredit e le grandi ex popolari. I dati del primo trimestre saranno il primo bivio verità: ma ci vorrà più di un mese perché siano resi noti.
È inutile dare la colpa ai fondi “cattivi” che insistono sul fianco scoperto, se lo Stato non batte un colpo per tutelare i soldi pubblici.