Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  marzo 27 Martedì calendario

Qui la terra trema sempre. Olanda, vivere con la paura

GRONINGA ( OLANDA) L’ultima scossa, l’8 gennaio scorso, ha crepato seimila case e seminato il panico tra chi vive sul più grande giacimento di gas dell’Europa occidentale, nelle ventose terre del Nord dell’Olanda strappate al mare nei secoli scorsi. «Era di magnitudo 3,4 eppure è stata devastante perché se l’epicentro dei terremoti tettonici può trovarsi anche a una profondità di molti chilometri, in quelli indotti dall’uomo che da anni funestano la nostra regione è ad appena poche centinaia di metri dalla superficie», spiega John Lanting, presidente dell’associazione “Schokkend Groningen” che si batte contro l’estrazione del gas nella regione di Groningen, causa di un’ininterrotta sequela di piccoli sismi.
Soltanto nell’ultima settimana sono state registrate sei scosse di magnitudo superiore a 2,5 perché durante la stagione fredda i pozzi vengono sfruttati a pieno ritmo. «Ne estraggono di più perché c’è maggiore richiesta da parte dei Paesi europei, quali Belgio, Francia e Italia, infischiandosene del fatto che più gas si pompa più frequenti sono i terremoti», dice ancora Lanting. «La gente del luogo è terrorizzata e sono fortemente aumentati sia il tasso dei suicidi sia l’incidenza degli infarti e delle depressioni. Abbiamo tutti perso il sonno, perché viviamo con l’incubo che prima o poi ci sarà un big- one». Fatta la tara della pur comprensibile paranoia dell’attivista, l’entità dei danni è enorme. Infatti, dal 1986 a oggi la terra ha tremato migliaia di volte e nei nove comuni più colpiti sono stati danneggiati, tra case e fattorie, circa 50mila edifici, tra i quali si contano anche 30 monumenti storici.
Il giacimento a Nord di Groninga si estende su un’area di 900 chilometri quadrati, nelle viscere della regione meno antropizzata e più povera d’Olanda. Nelle numerose frazioni che incrociamo, davanti alle villette campeggiano ovunque cartelli con scritto Te Koop, Vendesi. Ma c’è chi deve aspettare anni prima di vendere la propria casa perché il prezzo del mattone è crollato, e a ogni scossa continua a precipitare. Tra le abitazioni a schiera vediamo molti spazi vuoti. «Erano edifici danneggiati che sono stati demoliti una volta acquistati dalla Nam, la società che sfrutta il giacimento. Negli ultimi due anni è toccato a 93 case e presto ne saranno buttate giù altre 400», spiega Lanting.
Godlinze, Uithuizermeeden o Kohlol sono piene di edifici in restauro o semplicemente messi in sicurezza, in attesa di fondi che non sempre arrivano. A Zeerijp, sul campanile di una splendida chiesa seicentesca in mattoni rossi s’è aperta una crepa profonda. «È stata una scossa dell’ 8 gennaio a provocarla», spiega Bruno Santanera, un torinese arrivato qui cinquant’anni fa e che in Olanda è diventato un imprenditore di successo.
«Anche casa mia è piena di crepe e anch’io sono in attesa di aiuti. Ci sono voluti decenni prima che le autorità cominciassero a valutare i rischi legati allo sfruttamento del giacimento. E adesso hanno paura. Perciò o t’impongono di rinforzare casa come vogliono loro, chiedendoti di spendere una fortuna, o sei costretto a svenderla. Detto questo, se l’Olanda è stata appena sfiorata dall’ultima crisi economica che ha funestato l’Europa intera è stato soltanto grazie al gas di Groningen».
Obtorto collo, di fronte a questa infinita scarica di scosse sismiche, nel 2014 il governo dell’Aia ha finalmente optato per una progressiva chiusura del giacimento. Ma ci vorranno anni, se non decenni prima che ciò avvenga in modo definitivo, perché nei Paesi Bassi 7 milioni di case dipendono da quel gas e perché la Nam ne esporta ancora parecchio in tutto il pianeta. Finché ha potuto questa società di proprietà di Shell e di ExxonMobil ha negato gli effetti collaterali dello sfruttamento del giacimento gasifero, anche perché negli ultimi sessant’anni ha prodotto utili per circa 270miliardi di euro. E perché il giacimento è tutt’altro che esaurito.
Soltanto nel 2013, l’estrazione di 52 miliardi di metri cubi di gas fece entrare nelle casse dello Stato quei 15 miliardi di euro che permisero di pareggiare il bilancio olandese. «Nel 2016 ne abbiamo estratti 24 miliardi di metri cubi e quest’anno, sotto direttiva del governo, scenderemo a 21 miliardi di metri cubi», dice Sape-Jan Terpstra, portavoce locale della Nam. Quando gli chiediamo che cosa fa la Nam per aiutare la popolazione, Terpstra risponde che sostituisce i comignoli delle case con strutture più leggere perché «dopo le scosse, sono i primi a cadere». È già qualcosa. Ma sicuramente troppo poco per chi vive sopra tanta ricchezza.