il Fatto Quotidiano, 27 marzo 2018
Guida autonoma yankee. Far west con poca sicurezza
La guida autonoma ha promesso di dare all’auto l’appeal tecnologico degli smartphone. E di farlo in fretta. Per riuscirci bisognerebbe correre, ma forse si è scelto il lasciar correre. La cronaca della morte di una donna a Tempe in Arizona è una tragedia, ma anche una crepa tra certezze che sono tali finché non si scende nei particolari. La vittima, Elaine Herzberg – che si ritrova a essere un bersaglio qualunque – ha attraversato al di fuori delle strisce spingendo la sua bicicletta ed è stata centrata da una vettura laboratorio di Uber. Così come nessuna distinzione fanno le autorità statunitensi che si occupano di autorizzare test su strade aperte alla circolazione. Se il far west della guida autonoma ha colpito, chi ha armato la pistola?
Secondo l’ente indipendente National Conference of State Legislatures, a oggi 21 Stati americani autorizzano e/o incentivano i collaudi di vetture a guida autonoma. Non una consapevolezza condivisa, ma una giungla. L’Arizona si è guadagnata una popolarità per la benevolenza nei confronti dei collaudi su strade pubbliche, con oltre 600 vetture a guida autonoma circolanti, pur nel rispetto formale della presenza di un controllore umano a bordo.
Lo stato di New York è forse il più restrittivo, con l’aggiunta di una supervisione anche delle pattuglie di polizia, ma è una eccezione in uno scenario di deregulation diffusa. In California, ma soprattutto nel Michigan, le vetture a guida autonoma possono circolare ovunque senza nessun vigilante a bordo, che per altro sarebbe inutile vista la possibilità che prevista dalla legge di privare questi mezzi di volante e pedali.
La Florida, addirittura, concede dal 2015 alle aziende una impunità di fatto: le esenta dal comunicare alle autorità di polizia qualsiasi incidente che coinvolga le proprie vetture. Un vanto per i vertici di uno Stato che si propone come il terreno ideale per la guida autonoma, il più amichevole per chi non vuole beghe, dopo la tragedia dell’Arizona. Senza distinzioni: l’asta per le autorizzazioni è, infatti, aperta a tutti. I costruttori automobilistici tradizionali ricercano elevati standard di sicurezza, costruiscono la guida autonoma partendo dai dispositivi di assistenza alla guida già esistenti, li integrano armonizzando l’elettronica preesistente nella vettura.
Ma alla corsa partecipano anche Uber, Waymo e Apple, con piattaforme da inventare e una logica di funzionamento sganciata dalle caratteristiche della singola auto, perché deve essere esportabile sui diversi modelli che comporranno le loro flotte. Chiunque si intenda di sviluppo software sa che non è possibile paragonare le due le condizioni di partenza, e dunque quelle reali di sicurezza. Tutto ovvio, a patto di non voler autorizzare la circolazione solo con una promessa, e non importa chi la faccia.