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 2018  marzo 27 Martedì calendario

Plastica, così il mondo è cambiato

Sarebbe possibile oggi vivere senza plastica – anzi – senza le migliaia di tipologie disponibili? Dai distributori automatici di bevande agli smartphone, dagli avanzatissimi satelliti in orbita attorno al pianeta ai sofisticati dispositivi di diagnosi, questo materiale appartiene a tal punto alla nostra quotidianità, da darne per scontata l’esistenza, nonostante una storia – relativamente breve – di soli 200 anni. E pensare che questi polimeri – costituiti dalla successione di unità identiche (monomeri) legati in lunghe catene – hanno molto da spartire con la vita, avendo in comune con l’uomo un’ossatura in atomi di carbonio. Infatti, proprio la capacità di questo elemento chimico – alla base della sintesi delle plastiche – di formare legami stabili con atomi di idrogeno, ossigeno, zolfo o cloro, garantisce l’origine di una infinita varietà di molecole, a cominciare da quelle del Dna, in cui è racchiuso il codice genetico di ogni essere vivente. Non a caso, i primi esempi di plastiche – pensate, nella seconda metà dell’800, in sostituzione di materiali naturali molto costosi, come l’avorio per i tasti del pianoforte – provenivano da sostanze animali o vegetali, quali la celluloide (derivata dalla cellulosa e antenata della cinematografica pellicola di celluloide) o la galalite (ricavata dalla proteina del latte). Successivamente si tentò la sintesi di sempre più molecole – a partire da carbone e petrolio – ricavando nuove “forme” di plastiche, come la bachelite (1907), che – essendo un ottimo isolante e resistente al calore – veniva commercializzata in polvere da stampo per replicare le sagome degli oggetti: si aprì così la strada alla produzione in serie, a basso costo, di radio, telefoni, automobili, fonografi, apparecchi elettrici e batterie e a quella industriale di polistirene e polietilene – oggi assai comuni – che consentirono la diffusione su larga scala di utensili, stoviglie, mezzi di trasporto e oggetti di arredamento, fino ad allora in legno, vetro o metallo. Con la scoperta del nylon nel 1935 crebbe vertiginosamente – durante tutta la seconda guerra mondiale – la domanda di fibre sintetiche, usate in sostituzione della seta per i paracadute e delle gomme, mentre il polimetilmetacrilato («plexiglas» per i tedeschi) rimpiazzò il vetro dei finestrini degli aerei, riducendo il rischio di ferite da schegge.
Grazie alla possibilità di ottenere dalla raffinazione del petrolio monomeri di base, la domanda di plastiche salì costantemente fino al 1954, quando Giulio Natta – premio Nobel della chimica – sintetizzò il propilene. Da qui – con la plastica – il paese conosce il primo vero «fenomeno di massa»: nel 1950 nel mondo se ne producevano 1,5 milioni di tonnellate, nel 1977 oltre 50 milioni, nel 1989 più di 100 ed oggi circa 230! Una escalation senza fine. Economica, versatile e resistente, la plastica non è stata solo alla base del boom economico, innescando un dinamismo industriale senza precedenti, in particolare, nel settore chimico, ma anche del benessere diffuso: televisori, lavatrici, frigoriferi entrarono nelle case degli italiani, e quasi ogni oggetto di uso quotidiano, dai giocattoli agli imballaggi delle merci, abbandonò i materiali tradizionali per vestire quelle forme originali e quei colori vivaci che solo la “plasticità” sembrava impartire ai corpi.
La portata rivoluzionaria dell’introduzione dei nuovi polimeri è, innanzitutto, culturale: «Spesso, si sottovaluta la radicale trasformazione che accompagna ogni innovazione nello studio delle materie plastiche – spiega il chimico Luca Stramare, segretario senerale della European Pet Bottle Platform, iniziativa europea deputata alle linee guida per la riciclabilità della plastica da bottiglia –. Allora, inseguire le tendenze del momento, portò alla nascita del design italiano, che poi si impose nel mondo, con quei capolavori nostrani ancora oggi esposti nei più celebri musei». In anni più recenti si verificò un caso simile con la nascita dell’informatica, la diffusione di internet e della telefonia mobile, ai quali la plastica contribuì in maniera determinante. Nel tempo cambiano tradizioni e usi, e – con essi – la “percezione” e il linguaggio di un popolo: da alternativa economica e scadente, la plastica diventa materia di riferimento della società e del lavoro e l’espressione “È di plastica” perde ogni connotazione dispregiativa. I progressi nelle tecnologie di trasformazione consentono, infatti, di pensare un prodotto direttamente nei sempre più numerosi polimeri sviluppa- ti, adattando i processi di lavorazione di altri materiali. Arduo prevedere cosa riserverà il futuro: di certo, la plastica ci sarà. Ci sarà perché nel corso della storia ha mostrato di non mancare alcuna sfida e perché non è ancora stato ideato un materiale in grado di sostituirla. Non occorrono statistiche a conferma degli indiscutibili progressi, in termini di qualità e durata della vita, conseguenti alla diffusione di materie plastiche: la popolazione è quintuplicata e – non più dedita all’agricoltura – dal mondo rurale oltre metà si è concentrata nelle aree urbane, consumando cibo e utilizzando mezzi di sussistenza prodotti altrove. Senza imballaggi – durante il viaggio e il tempo del trasporto – sarebbero enormi le perdite di cibo e minori i livelli di igiene e protezione: al servizio dell’uomo e indispensabile la plastica lo è e lo sarà ancora più in futuro, se saprà non fallire anche la sfida – vero banco di prova dei prossimi decenni – a tutela dell’ambiente, del quale non di rado è vista nemica, ignorando i benefici ad essa legati. Basta pensare alla riduzione del consumo di benzina dovuta alle automobili con componenti plastiche più leggere. Anche i processi di trasfor-mazione industriale sono molto più efficienti, con scarti ed emissioni drasticamente inferiori, riducendo l’impatto ambientale: così ad esempio il peso di una bottiglia in plastica oggi è meno della metà di 20 anni fa. Certo, la strada per gestire al meglio il fine vita delle materie plastiche è ancora lunga: occorrono, innanzitutto, progetti di sviluppo di sistemi per il riciclo delle quantità dismesse, che non solo danneggiano il pianeta, ma costituiscono anche uno spreco di risorse, spendibili quantomeno a fini energetici. Sulla scena internazionale, il nostro paese si presenta con un sistema di raccolta differenziata e riciclo tra i più efficienti in Europa, oltre a vantare competenze stimate in tutto il mondo. Se sapremo sfruttare i vantaggi che il progresso riserverà, facendo tesoro degli errori ambientali commessi, allora le plastiche renderanno davvero pieno servizio all’umanità.