Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  marzo 25 Domenica calendario

Caccia al neutrino di Majorana

Tra il 26 e il 27 marzo del 1938 scompariva misteriosamente una delle menti scientifiche più originali e raffinate del Novecento, il trentunenne Ettore Majorana. La sera del 25 si era imbarcato da Napoli alla volta di Palermo, lasciando nella camera d’albergo una lettera per i familiari: «Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto». Al direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Napoli, dove da pochi mesi era stato chiamato a ricoprire «per alta fama di singolare perizia» la cattedra di fisica teorica, aveva indirizzato un’altra lettera: «Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo (…). Ti prego di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere (…) dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo». Tutto faceva pensare a un proposito di suicidio durante la traversata, ma la mattina del 26 marzo Majorana sbarcò regolarmente a Palermo e da un albergo scrisse ancora a Carrelli: «Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani (…) Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente». È la sua ultima traccia. Da quel momento, del giovane fisico siciliano non si saprà più nulla.
È notevole la sproporzione tra questi pochi fatti e la quantità di ipotesi susseguitesi nell’ultimo mezzo secolo attorno all’affaire Majorana. Suicidio, fuga, rapimento, omicidio? E quali le motivazioni? Al momento della scomparsa, Majorana aveva alle spalle un lungo periodo di isolamento, salute precaria e depressione. Questi verrebbero normalmente considerati moventi plausibili per decidere di suicidarsi o di cambiare vita, ma la fantasia di quanti si sono occupati della questione per diletto ha partorito scenari più pruriginosi: armi segrete, collaborazione con i nazisti, complotti internazionali, e altre amenità del genere.
Non è sorprendente che su Majorana persistano alcuni falsi miti, duri a morire. Il più diffuso è quello – reso popolare da Leonardo Sciascia nel suo (letterariamente splendido) librino del 1975 La scomparsa di Majorana (Einaudi, ora Adelphi) – secondo cui lo scienziato catanese avrebbe deciso di scomparire presagendo gli sviluppi distruttivi della fisica nucleare. Come è noto, Edoardo Amaldi contestò con durezza la ricostruzione di Sciascia, facendo giustamente notare che nella primavera del 1938 neanche un genio come Majorana avrebbe potuto anticipare i tanti sviluppi scientifici che negli anni successivi avrebbero aperto la strada all’effettiva realizzazione della bomba atomica. Poco poteva, però, la realtà storica davanti alla concezione sciasciana della letteratura come “la forma più assoluta che la verità può assumere”. E così, ancora oggi, Majorana rimane per molti, come per lo scrittore di Racalmuto, «il simbolo dell’uomo di scienza che rifiuta di immettersi in una prospettiva di morte».
Di recente, Giorgio Agamben, in Che cos’è reale? (Neri Pozza, 2016), ha spostato il discorso di Sciascia dal piano etico a quello epistemologico, suggerendo che Majorana abbia voluto, con la propria scomparsa, sollevare «un’obiezione decisiva alla natura probabilistica della meccanica quantistica» e contestare una scienza che «non cercava più di conoscere la realtà, ma (…) soltanto di intervenire su di essa per governarla». «Se la convenzione che regge la meccanica quantistica – scrive Agamben – è che la realtà deve eclissarsi nella probabilità, allora la scomparsa è l’unico modo in cui il reale può affermarsi perentoriamente come tale». A parte le forzature presenti in questa interpretazione, non c’è alcun documento che faccia pensare che Majorana fosse critico verso la meccanica quantistica (che coltivò e insegnò con passione, e di cui sottolineava la «profondità dell’indagine, che va veramente fino all’ultima radice dei fatti naturali»). L’idea che scomparendo volesse fare della sua stessa persona «la cifra esemplare dello statuto del reale nell’universo probabilistico della fisica contemporanea» può apparire suggestiva, ma, ancora una volta, si scontra con la realtà pura e semplice dei fatti.
Un’ipotesi che ha preso piede negli ultimi tempi (grazie alle ricerche degli storici della fisica Francesco Guerra e Nadia Robotti, da un lato, e di Stefano Roncoroni, figlio di una cugina di Ettore, dall’altro) è che Majorana sia morto circa un anno dopo la scomparsa, nella primavera del 1939. A sostegno di questo scenario c’è, in particolare, la vicenda di una borsa di studio delle Missioni della Compagnia di Gesù intitolata a Ettore e istituita su richiesta del fratello Salvatore nel settembre 1939. Nella risposta del responsabile delle Missioni si fa riferimento al «caro estinto» Ettore Majorana, il che farebbe pensare a un decesso avvenuto qualche tempo prima. Ma potrebbe anche trattarsi di una mera supposizione del padre gesuita, o di un’espressione di circostanza (non conosciamo peraltro il contenuto della lettera di Salvatore). Si tratta, dunque, di un indizio interessante, ma non risolutivo, che necessiterebbe di riscontri negli archivi di famiglia.
Il nome di Majorana, fortunatamente, non è legato solo a un fatto di cronaca, ma anche e soprattutto a una serie di risultati scientifici la cui importanza è stata riconosciuta molti decenni dopo: fra tutti, la previsione dell’esistenza di particelle che coincidono con le proprie antiparticelle, una possibilità che si realizza in quello che è oggi noto come «neutrino di Majorana». L’idea fu esposta in un geniale articolo del 1937, il nono e ultimo della breve carriera del fisico siciliano, e si ritiene oggi che possa aprire eccitanti prospettive di una nuova fisica. Due esperimenti – Gerda e Cuore – in corso ai Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare stanno attualmente dando la caccia al neutrino di Majorana, la cui esistenza – ironia della sorte – sarebbe segnalata dalla sua assenza nel decadimento beta dei nuclei: in questo processo, infatti, vengono generati un elettrone e un neutrino, ma se quest’ultimo è del tipo di Majorana e coincide con il proprio antineutrino viene riassorbito dal nucleo, cosicché alla fine sparisce e si osservano solo elettroni. La vera scomparsa da tenere d’occhio d’ora in poi è questa.
vincenzo.barone@uniupo.it