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 2018  marzo 26 Lunedì calendario

Congedo di paternità, il triste confronto col resto d’Europa

In Italia le nascite sono in costante calo: nel 2017 – spiega l’Istat – hanno raggiunto il minimo storico (-183 mila, il 2% in meno rispetto al 2016), diminuendo per il nono anno consecutivo dal 2008. Il Paese, insomma, sta diventando sempre più longevo pensando sempre meno al futuro. Le problematiche sempre più pressanti di conciliazione di tempi di cura della famiglia e del lavoro spingono le donne ad avere un unico figlio (il numero medio per donna è 1,34, dato costante dal 2016, e l’età media del parto è 31,8 anni). Tutto il carico di sostegno logistico familiare ricade sulle mamme: quando nasce un figlio sono costrette a tagliare l’orario lavorativo, subendo il part time, che – ha stabilito la Corte di Giustizia europea – risulta così discriminatorio facendo diminuire le mansioni e la retribuzione. Accade, invece, l’inverso per l’uomo, che alla nascita di ogni figlio aumenta le ore lavorative.
Negli ultimi anni i governi che si sono succeduti in Italia hanno cercato di mettere una pezza a questa emorragia con incentivi che, tuttavia, sono sempre risultati scarsi. Mettere, infatti, pochi soldi in mano alle neo famiglie (si legga bonus bebè, bonus asilo, bonus baby sitter, premio alla nascita) non aiuta nel lungo termine e, nella migliore delle ipotesi, il sostegno termina al terzo anno di vita del bambino. Per sopperire a questa mancanza, che ha fatto precipitare l’Italia agli ultimi posti delle classifiche europee del welfare, da quest’anno si è pensato bene di raddoppiare almeno i giorni del congedo per i papà lavoratori dipendenti (eccetto quelli pubblici per i quali il ministero della Semplificazione e della Pubblica amministrazione deve ancora approvare una norma che individui e definisca le modalità di attuazione). Bene, ma non benissimo: chi diventa padre, infatti, ha diritto ad assentarsi dal posto di lavoro – con la retribuzione giornaliera pagata al 100% dall’Inps – non più per due giorni ma (solo) per quattro, che si possono godere anche in via non continuativa purché entro i 5 mesi di vita del bimbo. Inoltre c’è la possibilità di avere anche un quinto giorno di congedo, ma solo scambiandolo con la madre che deve, quindi, rinunciare a un giorno del suo congedo di maternità. Il papà che intende usufruire del congedo deve presentare domanda solo al datore di lavoro con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla data presunta del parto. Peccato, tuttavia, che le recenti statistiche mostrino come solo un quinto dei papà usufruisce dei giorni di stop obbligatori.
Il motivo? A differenza della maternità, che prevede una sanzione penale a carico del datore di lavoro nel caso di mancata astensione obbligatoria della madre, le norme che regolano il congedo dei padri non prevedono alcuna sanzione specifica né per il lavoratore né per l’azienda. Una misura che, meglio ricordarlo, è stata introdotta nel 2012 dal governo Monti per tre anni e prevedeva un solo giorno di congedo. Poi, nel 2015, è stata prorogata per altri tre anni elevando i giorni a due con la legge di Stabilità 2017 che ha stanziato 41,2 milioni di euro per i 4 giorni previsti.
Insomma, un magro bottino che a novembre 2016 aveva spinto il presidente dell’Inps Boeri a richiedere “fino a quindici giorni di congedo obbligatorio per i papà entro il primo mese di vita del figlio”. Proposta nata e morta lì. Tanto che pesa sull’Italia la richiesta dell’Unione europea di una maggiore partecipazione dei padri nella cura dei figli. E, anche se non esiste una legislazione comune, il confronto con gli altri Paesi è impietoso. Gli occhi, e le speranze, sono puntati su Svezia, dove i neo papà ricevono 90 giorni pagati di paternità e Finlandia, dove il congedo può durare fino a 54 giorni lavorativi o circa 9 settimane.
In Slovenia, invece, il congedo può durare fino a 90 giorni, ma solo i primi 15 giorni vengono pagati al 100%; in Portogallo il congedo è consentito per 5 giorni consecutivi dopo la nascita del bambino, più altri 10 giorni entro 30 giorni dalla nascita. Dopo questo periodo, un padre ha la possibilità di prendere ulteriori 10 giorni consecutivi nel periodo in cui la madre è in congedo di maternità.
E non si pensasse che solo il Nord Europa è quello più attento alle politiche sociali. In Ungheria i padri ricevono una settimana pagata e altre 156 settimane da dividersi con la madre, dopo che lei ha preso le sue 24 settimane di congedo di maternità.
In Spagna, possono prendere un congedo di paternità di 4 settimane e un congedo di nascita di 2 giorni. Mentre in Francia, si sta portando avanti una raccolta firme per aumentare il numero dei giorni di congedo visto che gli attuali 11 sono considerati “ridicoli”.
Infine, in Germania, dove non è prevista una misura ad hoc, il congedo parentale può arrivare fino a 14 mesi con il 67% dello stipendio. E che i papà usano per stare a casa con i figli per due mesi in quattro casi su 10.