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 2018  marzo 23 Venerdì calendario

In battaglia, sul set o in atelier. Duecento anni di buon fumo

Nessuno si aspettava quell’improvviso e violento temporale su Firenze nella torrida estate del 1815. L’acqua si abbatteva senza treque su quella distesa di tabacco messo al sole ad essiccare nel convento di Santa Caterina con la conseguenza che quelle preziose foglie di Kentucky a fine giornata giacevano inzuppate, maleodoranti e irrimediabilmente perdute. Un dramma. Dirigenti e operai erano disperati e già prefiguravano l’ira del granduca di Toscana Ferdinando II quando il direttore della Manifattura Tabacchi di Firenze ebbe l’idea: recuperare quelle foglie rifermentate attraverso un’affumicatura con legno di rovere per farne piccoli sigari bitorzoluti da vendere a basso costo. Fu un successo immediato nei quartieri popolari di Oltrarno e nel giro di pochi anni, era il 1818, lo “stortignaccolo” come usavano chiamarlo i fiorentini era già in vendita e, molto apprezzato, entra regolarmente in produzione. 
Fin qui la leggenda della nascita del Sigaro Toscano, la realtà ci racconta che da duecento anni ormai quelle foglie lavorate a mano sono diventate mito. E a ragione. Chi lo fuma lo sa: il Toscano è un amico, che ti tratta da amico; che ti porta in un mondo di aromi e profumi, che dona calore senza bruciare, che regala piacere e ti mette in contatto con la Natura evocata dalle sue spire di fumo profumato. 
TESTIMONIAL 
Non stupisce dunque come il Sigaro Toscano abbia sedotto intellettuali e artisti, condottieri e musicisti, scrittori, giornalisti, attori. Ad iniziare da Giuseppe Garibaldi, che aveva iniziato ad apprezzare i sigari nelle sue esperienze da guerrigliero nell’America del Sud, e che era passato definitivamente allo “stortignaccolo” fumandolo alla maremmana (il sigaro viene acceso e fumato intero per sentir “crescere” il sapore in tutta la sua forza) mentre scandiva le tappe quella sua trionfale conquista delle Due Sicilie: ne è una testimonianza il dipinto del 1860 di Gerolamo Induno in cui Garibaldi viene immortalato mentre stempera la tensione alla vigilia della decisiva battaglia del Volturno assaporando un Toscano. E poi Giuseppe Mazzini che in esilio a Londra si faceva portare dalle dame che si occupavano della sua accoglienza una quantità giornaliera di sigari; Vittorio Emanuele II che aveva iniziato a fumare il Toscano negli anni dell’apprendistato nell’esercito come momento di piacere nelle lunghe veglie o le marce forzate; Winston Churchill che venne “iniziato” al sigaro sull’isola di Cuba quando all’età di 21 anni lavorava come corrispondente di guerra e insieme all’amico Reginald Barnes assisteva alla lotta per l’indipendenza dell’isola caraibica contro la Spagna. Poi però assaggiò il Toscano e non lo abbandonò più. Burt Lancaster nel Gattopardo di Luchino Visconti assiste fumando il Toscano alla fine della monarchia borbonica, mentre Sergio Leone lo “scritturò” nella celebre trilogia del dollaro facendone innamorare perdutamente Clint Eastwood. E poi Amedeo Modigliani, Pietro Mascagni e Giacomo Puccini, Arturo Toscanini e Giuseppe Verdi, Mario Soldati e Vasco Pratolini che ne Le ragazze di Sanfrediano canta le gesta erotiche di alcune sigaraie d’Oltrarno. Già le sigaraie. Il loro lavoro accompagna fin dall’inizio la storia del sigaro Toscano. Sono state le prime donne ad entrare nel mondo del lavoro. 
LE SIGARAIE 
A metà Ottocento erano una ventina, alla vigila della prima guerra mondiale, 16.000. Oggi la loro professione richiede un lungo apprendistato: solo dopo 18 mesi si può raggiungere la preparazione necessaria al confezionamento del famoso “stortignaccolo” attraverso la stessa lavorazione artigianale, con lo stesso tabacco Kentucky, rigorosamente Ogm free. La ricetta è semplice: solo tabacco, acqua e stagionatura. Una tavoletta in legno, un coltello per delineare la “scarpetta” o fascia esterna del sigaro, la colla di mais per far aderire bene la foglia e la taglierina per spuntarlo sono i ferri del mestiere. E il “trucco” è non adoperare eccessiva forza nella chiusura in modo da evitare che ne risulti un sigaro troppo stretto o troppo pieno, cosa che non garantirebbe una tirata ottimale. 
Delle sigaraie, della produzione del Toscano (un’eccellenza del made in Italy), dei suoi testimonial parla il volume curato da Enrico Mannucci, Sigari Toscano (Rizzoli, 240 pagine, 70 euro) che sarà presentato oggi alle 18,30 alla Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Il libro racconta inoltre le suggestioni legate al lifestyle di questa passione: profumi, sapori e colori che richiamano la natura, il territorio dal vino al cuoio, dal cibo alla musica lirica. Il volume è caratterizzato da un apparato iconografico che illustra la storia, la manifattura e gli abbinamenti possibili tra il fumo e altri piaceri della vita. Completa il volume una selezione di opere d’arte della collezione di Manifatture Sigaro Toscano dedicata al mondo del fumo in tutte le sue declinazioni.