il Giornale, 26 marzo 2018
Agenti segreti? Li conoscono tutti
La migliore non è stata Mata Hari, che prima di diventare spia, se lo fu veramente, era una donna di spettacolo, e nemmeno Anna Chapman, detta «Anna la rossa», che nel mondo dello spettacolo entrò dopo aver fatto la spia. La numero uno, fisico da far paura e qi da fisico nucleare, è stata Hedwig Eva Maria Kiesler detta Hedy Lamarr, viennese di sfrontata bellezza, rifugiata a Parigi, di padre ucraino, madre ungherese e nazionalità americana. Come si dice: di tutto e di più. Fulminò la scena esibendo il primo nudo del cinema nel film «Estasi», Hollywood finì presto ai suoi piedi. Ma lei non era solo la più bella delle spie. Creava. Inventò per esempio un sistema di codifica di informazioni a trasmissione radio per spedire siluri a distanza, meccanismo e intuizione che oggi è la base delle reti wireless e della telefonia mobile. Praticamente era un incrocio tra Charlize Theron e Rita Levi Montalcini.
Spie vere e spie per finta, realtà e finzione si sono mescolate come nella trama di un film anche tra i famosi più famosi. Josephine Baker per esempio era vera: nascondeva tra le note degli spartiti musicali, scritte con l’inchiostro invisibile, messaggi segreti per la resistenza francese durante la seconda guerra mondiale. Elvis Presley era finto: si offrì inutilmente come spia al presidente Richard Nixon, ma il Watergate fece fuori tutti e due. Wally Simpson forse: c’è il sospetto, anche Churchill lo aveva, che la donna per cui Edoardo VIII rinunciò al trono inglese, fosse una spia nazista. Altri si fa fatica a pensare che lo siano: l’illusionista Uri Geller, dicono, fu corteggiato dal Mossad per i suoi poteri paranormali. Non se ne fece niente quando scoprirono che era il parente povero del mago Silvan. Trucchi non magia. George Clooney invece è andato oltre: anni fa finanziava un progetto, «Satellite Sentinel Project», per spiare il dittatore Omar al-Bashir, il tiranno accusato del genocidio in Darfur. Pagati con i soldi del caffè. Ma forse solo perchè il suo collega Sean Penn lavora, ma questo è una soffiata dei social, per la Cia. L’invidia, dicono, è una buona stoffa per confezionare una spia.