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 2018  marzo 26 Lunedì calendario

John Foot: «Balotelli merita un’altra occasione fu un errore storico fare Ventura ct»

MANCHESTER
John Foot, docente di storia italiana contemporanea all’università di Bristol, ha scritto “Calcio – Storia dello sport che ha fatto l’Italia”.
Professore, come ha reagito l’Italia al Mondiale mancato dopo 60 anni?
«Pensavo che il trauma durasse più a lungo. Pochi giorni dopo, gli italiani sono tornati a parlare di club: forse la Nazionale non è più il grande amore. Eppure per molti sarà la prima estate della vita senza Mondiali. Sarei tentato da un’analisi antropologica per sapere se guarderanno le partite, se tiferanno un’altra squadra, se sosterranno gli stranieri del proprio club, se inveiranno contro l’arbitro».
Che rilievo hanno i Mondiali nella nostra storia?
«C’è un legame continuo. Mi arrabbio quando nei volumi non si cita la finale dell’82, che ebbe un’audience irripetibile. Milioni di italiani, dalla Sicilia alla Val d’Aosta, da Sydney a Buenos Aires, sintonizzati sulla voce di Martellini.
L’esultanza di Pertini fu un momento di integrazione nazionale, di perfetta sovrapposizione fra squadra di calcio e istituzioni. Renzi, all’apice della popolarità, citò proprio Pertini e quel Mondiale».
Come spiega il fallimento azzurro?
«La crisi, prima che tecnica, è politica, figlia di scelte di potere e non di competenza. Il calcio è in mano a dirigenti non all’altezza: la decisione di Tavecchio di ingaggiare Ventura e di lasciarlo lì merita di finire nei libri di storia.
Anche Ranieri sarebbe stato venti molte meglio. Poi manca la materia prima, l’Italia nelle ultime 7 partite ha segnato solo 3 gol. C’è una crisi gravissima degli attaccanti, è il caso di richiamare Balotelli».
Non tutti sono d’accordo.
«Balotelli non è il massimo ed è un personaggio singolare, però per come ha giocato negli ultimi due anni una partita in azzurro la meritava, un gol alla Svezia l’avrebbe fatto. Ventura ha chiamato Gabbiadini, che non segna mai. Eppure è grazie a Balotelli che l’Italia andò in finale all’Europeo 2012. Leggo che non lo vogliono i senatori, mi viene da sorridere. La sua esclusione è politica, probabilmente c’è anche una questione culturale».
Non è solo l’attacco il problema.
«Vi ha sbattuti fuori la Svezia con il catenaccio, è incredibile. Non ci sono fuoriclasse, solo buoni giocatori di medio livello. Nella classifica Fifa scivolerete fuori dalle prime 20, mai successo. Forse è ora di congedare la vecchia guardia. Lo so, rischio il linciaggio: Buffon resta un mito, ma non era il caso di voltare pagina?».
Può bastare un ct di grido?

«La vostra grande tradizione resiste in panchina. Ma è tipicamente italiano il culto dell’uomo solo che risolva tutti i problemi. In passato il ct veniva dalla Federcalcio, penso a Bearzot o Vicini, e l’Under 21 vinceva tanto. Ora non succede più».
Dove ha sbagliato la Serie A?
«Ha perso con Calciopoli l’ultima occasione per rinnovarsi. Non ha avuto la lungimiranza della Premier, che, piaccia o no, ha valorizzato il prodotto commerciale in modo esemplare.
In Italia non arrivano grandi investitori come a Parigi o a Manchester perché mancano riforme di sistema. Per i grandi campioni la A è solo una tappa intermedia. Penso a Sanchez, lanciato dall’Udinese. O a Milinkovic, che andrà all’estero. E gli stadi? Andarci è un’impresa, fra ostacoli strutturali e vincoli burocratici. La crisi calcistica di Milano è la sintesi di tutto questo».
Lei è spesso a San Siro.
«C’ero per Inter-Roma. Intorno a me, tifosi di 50-60 anni: la partita dal vivo resta un rito maschile per persone d’una certa età. Tutti chini sullo smartphone, a rivedere le azioni, a twittare. Come se gli occhi non bastassero più. La partita come un elemento postmoderno, privata della sua purezza. Questo spiega anche la disaffezione dei giovani verso il calcio reale. Si preferisce ciò che ruota intorno: videogiochi, social network, scommesse».
L’Inghilterra può vincere il Mondiale?
«No. Viste le avversarie, può pensare di andare avanti. Ora c’è un ct bravo e innovativo come Southgate, Hodgson era il paleolitico. Sterling, Lingard, Rashford, Danny Rose, sono uomini su cui costruire un ciclo.
Manca un buon portiere, e abbiamo difensori da B italiana».
Da tifoso dell’Arsenal, come spiega la longevità di Wenger?
«Altro caso di studio. Resiste alla critiche e ai risultati negativi, quando andrà via sarà come la caduta del Muro di Berlino. È come fosse nostro padre, non ricordiamo più chi c’era prima e non immaginiamo l’Arsenal senza».
Cosa pensa del Var?
«Sta arrivando e va accettato, riduce gli errori. Da noi la prima volta, in FA Cup, è stata surreale, ha creato tanta confusione. In Italia l’arbitro è sempre stato sospettato di essere corrotto o di parte. Ora mi chiedo: con chi ve la prendete?».