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 2018  marzo 25 Domenica calendario

Di Biagio, le sue ragioni e l’ora di risarcire criscito

Doveva cambiare di più. Questo l’appunto che quasi tutti i commentatori, me compreso, hanno rivolto a Di Biagio. Mi prendo la briga di rispondere per lui, e gli riconosco la difficoltà di lavorare contro ombre imponenti che s’allungano verso la panchina azzurri. Troppi non poteva rottamarli, verbo che peraltro non richiama belle vittorie ma pesanti sconfitte. Non poteva per mancanza di tempo e perché la vita e il calcio continuano, scelte troppo drastiche si possono rimpiangere. Non poteva perché pensava che, forse, in una di queste partite avrebbe visto un’Italia sperimentale sì, ma convincente, aggressiva.

L’abbiamo vista per mezz’ora scarsa contro un‘ Argentina priva di sette titolari, tra cui Messi. C’è da aspettarsi di peggio in casa di un’Inghilterra che gode particolarmente quando batte l’Italia. Per la Nazionale che verrà, e ovviamente senza sapere chi la dirigerà, sfioro solo quattro punti. Il primo: Buffon.
Uno dei pochi a conquistarsi il diritto di essere lui a dire basta.
S’è visto a Manchester che le sue parate le sa ancora fare, e poi non scordiamoci Zoff nel ’ 78, dopo l’Argentina, quando mezza Italia lo invitava a comprare un cane lupo. Nell’ 82, campionato del mondo vinto, fu determinante. Il secondo: Florenzi. È generoso e non lo rifiuterà mai, ma fare il terzino destro lo espone a serie difficoltà, anche perché spesso dalla sua parte trova il migliore degli avversari ( Di Maria l’ultimo). Può fare la sua parte in mezzo al campo o da esterno, in concorrenza con Candreva e Chiesa. Il terzo: Criscito.
Andrebbe richiamato per giustizia: fu messo fuori perché sospettato di colpe e collusioni mai provate, anzi totalmente smentite. Andrebbe richiamato anche perché c’è bisogno di un difensore esperto che può giocare sia centrale sia sulla sinistra. Il quarto: Verratti.
L’intesa con Jorginho è da registrare. Jorginho in Nazionale come Thiago Motta nel Psg, una sorta di tutor, è da vedere come pia illusione. Il problema creato da Verratti non è con chi, ma come gioca. Se è onesto ammettere che quei pochi lanci lunghi e precisi partono dal suo piede, è anche vero che tende a complicarsi la vita in slalom che non hanno senso, in virtuosismi che dimostrano carattere e sfrontatezza, ma anche testardaggine e scarsa praticità.
In mezzo al campo, al momento e con tutte le riserve, non abbiamo nulla di meglio.
Pellegrini e Cristante, con altre caratteristiche, secondo me sono già pronti al salto e Barella è da valutare con attenzione. È simile a Verratti per la generosità e la foga agonistica.
Se impara a controllarsi il futuro è suo.
AManchester, tutti con la maglia numero 13, anche la Nazionale ha dato l’ultimo saluto a Davide Astori. Un dramma umano che sembrava avere spento i rancori, le ruggini, i cori da stadio che contano i morti altrui. Per giorni, dal giorno della morte nel sonno di Astori a Udine, siamo stati sfiorati da un vento sottile che non era solo dolore, rimpianto, affetto per Astori, ma s’allargava alla vita di tutti i giorni. Era un vento di civiltà che a qualcosa è servito. A conoscersi senza paraocchi, a rispettarsi, vedi abbraccio dell’ultrà viola a Chiellini.
Peccato che sia durato così poco.
Il segnale che si era tornati al pre-Astori, che il calcio più becero e volgare si stava riprendendo gli spazi occupati dai sentimenti puliti, è arrivato giovedì da Scandicci. Torneo di Viareggio, Fiorentina-Empoli 3-2.
A un giocatore dell’Empoli, il terzino Alessio Gianneschi, a fine partita arriva una sassata in faccia, partita dalla mano di un tifoso della Fiorentina, e a Gianneschi, ferito allo zigomo destro, va pure bene: pochi centimetri più su e poteva rimetterci l’occhio. All’origine del parapiglia sembra sia stata la reazione di giocatori dell’Empoli a cori razzisti destinati al loro compagno Traoré ( su questo punto gli organi d’informazione non sono concordi): essi avrebbero schizzato acqua sui coristi. Oppure hanno schizzato (se sì, 8). La reazione, lancio di sassi e anche di bottiglie di vetro verso il gruppo empolese, è spropositata. Si torna alla normalità, alla sopraffazione, alla negazione di tutto quello che Astori ha rappresentato. Il resto: tremila euro di ammenda alla Fiorentina, Empoli che scagiona la Fiorentina e incolpa l’organizzazione (scelta della sede e scarsa sicurezza) e dice che mai più parteciperà al Viareggio, Fiorentina che si dissocia, le solite cose. Lanciatore, ovviamente, non identificato.
Devo e voglio parlare d’altro. Di Mario Dondero, grande fotografo, che il Manifesto definì “partigiano dell’umanità”.
Primavera di Praga, Maggio francese, Rivoluzione dei garofani, crollo del Muro, Mario c’era. E se era altrove, cantava in italiano e francese col suo amico Yves Montand, o coi tanti amici che aveva in giro per il mondo e che non hanno pianto quando è morto, nel dicembre del 2016, perché a lui non sarebbe piaciuto. Leggo sul Manifesto di ieri che Daniele di Bonaventura, fermano, suonatore di bandoneon, gli ha dedicato il cd “Garofani rossi”, con le canzoni che piacevano a Mario. E piaceranno anche a me, lo so. Al sito www.
danieledibuonaventura.com si può richiedere il cd autoprodotto.