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 2018  marzo 23 Venerdì calendario

Robert Rodriguez: «Ecco la mia Alita, cyborg con gli occhioni e il cuore da eroina»

AUSTIN ( TEXAS) Robert Rodriguez gioca in casa: lo incontriamo a Austin, Texas (dove si è svolto il South By Southwest Festival) sul set del nuovo film, Alita: Angelo della battaglia. Malgrado il cognome, Rodriguez ( Sin City) è americanissimo (nato nella vicina San Antonio), e vive da sempre a Austin, centro della nouvelle vague artistica e tecnologica americana. E dove risiede il quartier generale della Troublemaker che ha fondato 20 anni fa.
L’appuntamento è fissato in uno dei teatri di posa più grandi e attivi d’America, dove il regista ha costruito la “città discarica” del film (sugli schermi americani a dicembre). Un set di poco meno di un ettaro, tirato su in quattro mesi al posto di un parcheggio. Rodriguez, 50 anni a giugno, ha deciso presto che mai avrebbe tradito Austin per Los Angeles, come ha fatto la maggior parte dei suoi colleghi coetanei. Ha scommesso sulla crescita del Texas. E poi voleva alzare l’asticella della tecnologia del digitale e del 3D, pensando “fuori dalla scatola”, come gli hanno insegnato George Lucas e Francis Ford Coppola. Nel 1991, con soli tremila dollari, ha girato qui il suo primo film, El Mariachi.
Oggi è il più importante testimonial del festival SXSW, cresciuto al punto che persino Spielberg lo ha scelto per la prima mondiale del suo nuovo film.
A riprese terminate, Rodriguez ci invita sul set di Alita. Il suo racconto fantascientifico su una cyborg ragazza che intraprende un avventuroso tragitto di autoscoperta ha già un record: è il primo film di questo genere a essere sconsigliato ai minori di 13 anni.
Fu James Cameron, nel 1999, ad acquisire i diritti del manga giapponese con l’intento di farne un film dopo Titanic. Buttò giù un copione di 200 pagine, ma poi optò per Avatar. «Quando Cameron mi raccontò che avrebbe dedicato dieci anni della sua vita ad Avatar gli chiesi: “E Alita che fine farà?”» ricorda Rodriguez, muscoli in evidenza sotto la maglietta nera attillatissima, mentre ci accompagna per stradine e piazze di Iron City.
«Ci eravamo appena alzati da tavola dopo quattro ore di un pranzo che non finiva più, e proprio mentre ci salutavamo gli ho chiesto di Alita. Jim mi ha guardato e ha detto: “Hai un quarto d’ora?”. Così siamo andati nel suo ufficio dove mi ha mostrato tutto il lavoro già fatto sul film: i disegni di Iron City, il volto della protagonista con gli occhioni, le moto con una sola ruota, il mondo che unisce passato e futuro. Poi mi ha detto: “Prendi il mio copione e vedi che puoi farne” e me l’ha messo in mano insieme a un malloppo pesantissimo di 600 pagine di note, disegni, appunti: tutte le sue idee sul film».
Pochi mesi dopo Rodriguez ha riportato a Cameron la sua versione di Alita, 90 pagine molto più “gestibili” per un film: «Una storia di Cameron non si cambia, al massimo la tagli», dice Rodriguez che in breve si è ritrovato alla guida di un’operazione da 200 milioni di dollari. E invece di trasferirsi – come ormai si fa spesso per risparmiare – a Budapest, in Slovacchia o a Vancouver, ha deciso che il parcheggio dei suoi studios a Austin era perfetto.
Alita è una ragazzina poco più che adolescente (interpretata dall’attrice americana di origini ispaniche Rosa Salazar) che, senza alcuna consapevolezza di sé, si risveglia in un mondo ambientato tra 600 anni (ma 300 anni prima una guerra aveva distrutto ogni tecnologia sul pianeta riportandolo alle condizioni di oggi). Alita ha un viso dagli enormi occhi (esasperati in digitale) su un corpo robotico, ma bellissimo. Di se stessa non ricorda nulla. Sa solo di essere stata “ricostruita” da uno scienziato (Christoph Waltz) che l’ha trovata in un mucchio di rifiuti. Lui l’ha adottata e le ha dato il corpo che aveva progettato per la figlia paraplegica, morta a 12 anni, prima di poterlo usare.
La cyborg eroina scopre quindi di avere un passato da guerriera, di essere stata una macchina assassina come tante altre a Iron City.
«È una storia di ribellione adolescenziale», spiega Rodriguez, «e soprattutto un futuristico romanzo di formazione su una giovane donna che prima si sente insignificante, poi scopre le proprie potenzialità, fino a convincersi di poter salvare il mondo».
Nella comoda saletta di proiezione all’interno dello studio, accanto al Kansas Bar ricostruito come nel manga originale, Rodriguez mostra un lungo trailer e due scene in 3D del film. Accanto a lui c’è Rosa Salazar, visibilmente emozionata: «Ogni ragazza può identificarsi con Alita: qui si racconta della scoperta del proprio corpo e del proprio potere», afferma l’attrice, 32 anni (ma ne dimostra molti di meno).
Aggirandosi sul set di Iron City, Rodriguez descrive i Motorball, sorta di skateboard meccanici su cui scorrazzano i ragazzini della città immaginaria (per le riprese sono stati scritturati i più bravi skaters del mondo); le motociclette a una sola ruota; la “taqueria”; le costruzioni a due piani («Gli altri verranno aggiunti digitalmente»).
«Iron City è una città poliglotta, un melting pot del mondo, un luogo che ricorda alla gente come coesistere sia possibile.
Proprio come piace a me».
Si è commosso Yukito Kishiro quando ha visitato il set. «Quello che è insolito nel suo manga è che sia ambientato in un mondo universale», osserva Rodriguez, «Di solito i manga sono asiatici.
Non questo. Il Texas Bar nel teatro di posa non è nostra invenzione: l’ha creato Kishiro!». Se il film avrà successo, Alita sarà l’incipit di una serie. Nel dubbio, Rodriguez ha già acquistato un altro ettaro di parcheggio...