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 2018  marzo 23 Venerdì calendario

Né sante né eroine, il paese delle strade solo al maschile

BEDIZZOLE ( BRESCIA) Né sante, né madonne. O scrittrici, attrici, sciatrici, niente.
Bedizzole, provincia di Brescia, ha 12mila abitanti e 13 frazioni e quindi molte strade viottoli e piazze, ma neanche una intitolata a un essere femminile, non importa la professione o l’epoca. Il perché non lo sa nessuno, qui in zona basso lago di Garda, ma il Comune ha una specie di record di cui – giunta di centrosinistra, una delle poche rimaste – non va per niente fiero. Così, passeggiando per il borgo, oltre alle solite targhe super italiane dedicate a Dante, Garibaldi, Mazzini, e ai Caduti del lavoro e ai Donatori di sangue, e a due papi locali (Giovanni XXIII e Paolo VI) più don Milani e don Gorini, per dire delle radici cattoliche di questi posti, nemmeno un sentiero per santa Lucia, che pure qui va più forte di Gesù Bambino.
«Guardi che a Brescia le cose non vanno meglio. Che io sappia c’è solo una via Crocifissa Di Rosa, fondatrice delle Ancelle della Carità, e una via Sant’Angela Merici», spiega Rosangela Comini, assessora alla Cultura e in passato anche a Brescia, con Mino Martinazzoli e poi con Paolo Corsini. Ma anche lì nessuno ci ha mai pensato, che qualche donna possa aver fatto tanto da meritare una targhetta. «Le cose cambieranno, stiamo facendo il concorso di idee “Bedizzole al femminile” per individuare nomi di donne e battezzare alcuni edifici ancora senza nome, e anche delle strade. Perché i nomi contribuiscono a creare la cultura di un popolo», dice Comini. Il «concorso è rivolto a cittadini e cittadine dai 9 ai 18 anni». Però, niente nomi di fantasia (via Minnie, Pimpa, Schiappa), solo italiane decedute da almeno 10 anni, e «che si siano distinte per le scelte, le azioni, le attività letterarie, artistiche, scientifiche o nell’economia, o per l’impegno umanitario, sociale, culturale, nel rispetto della legge, della moralità e delle religioni». Particolarmente gradite le bedizzolesi «che si siano distinte nel campo della cultura, del lavoro pubblico o privato, dello sport, ecc.», ma per ora a nessuno viene in mente granché, e ci si sta scervellando per trovarne di meritevoli. Al momento sono state individuate «le due storiche ostetriche del paese, che hanno fatto nascere tutti. Melati Dirce e Gamba Francesca detta Ceschina», e l’idea non è male, mettere Ceschina a incrociare Vittorio Emanuele II o Ungaretti o De Gasperi. Magari eliminare Palamede Averoldi, “difensore del Castello nel 1483” per esaltare una levatrice che correva di casa in casa in bicicletta, con la neve o il caldo, di sicuro ha più meriti.
Dice Bernardetta Tonolini, della commissione pari opportunità del Comune, che «è sorprendente come la lingua italiana possa far emergere la presenza femminile, o nasconderla». E che durante l’analisi dello stato delle cose sia venuto fuori che due soli erano i toponimi femminili, ma anche lì, che nomi. Via Emilia, fatta costruire da Marco Emilio Lepido.
E via Signorina, che ha una origine «boh, nessuno l’ha capito».
Succede, nei paesi, in tutta Italia, che una zona si chiami in un certo modo e nessuno ricordi perché.
Via Trebocche? Non si sa. E chi era Giacomazzi? Nelle stratificazioni della storia, nessuno ricorda perché la chiesona davanti al Comune è intitolata a san Tommaso Becket, che era pure inglese. Tonolini: «L’università Ca’ Foscari ha studiato il problema, e anche l’Associazione di toponomastica femminile. Persino l’Accademia della Crusca si è espressa in merito, dicendo che bisogna declinare i ruoli al femminile. Esempio: la ministra Madia è incinta. Oggi non si potrebbe dire che il ministro Madia è incinta, no? Ma un tempo non c’erano ministre». La prima, Tina Anselmi, meriterebbe strade e piazze, per l’impegno e la chiarezza di pensiero, e non stava neanche tanto lontano da qui.
Sandra Bresciani, insegnante in pensione, non pensa tanto alla Anselmi quanto «alla mamma di uno dei partigiani delle Fiamme Verdi uccisi qua durante la ritirata tedesca, il 26 aprile 1945», a un passo dalla libertà. «Loro eroi, loro eroine, chi più di una madre che perde un figlio? Una figura semplice, ma che ha vissuto il dolore della guerra partigiana».
Per questa donna ancora da trovare, ci sono attualmente molte chance. Via Campagnola di mezzo, ad esempio. O la vicina via Campagnola di sera (che indica l’ovest), o di sopra, o di sotto (tutte vere). O via Bolognina, di sera, di sopra, di sotto. O via Blumone, chi era o cos’era, rispetto alla levatrice Ceschina.