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 2018  marzo 23 Venerdì calendario

Pianista e manager, ecco il Camaleonte anti Macron

L’AIA C’è una via alternativa al nuovo asse franco-tedesco che stanno faticosamente consolidando il presidente Emmanuel Macron e la cancelliera Angela Merkel. È quella segnata dal premier olandese Mark Rutte, paladino del libero mercato e contrario a una gestione unicamente bicefala delle riforme europee. «Merkel e Macron possono incontrarsi ogni volta che lo desiderano ciò non significa gli altri Paesi dell’Unione debbano per forza approvare le loro soluzioni», ha detto recentemente Rutte, critico sia sulla richiesta di Berlino di aumentare i fondi per chiudere le frontiere del continente sia sulla proposta di Parigi di un solo ministro delle Finanze per la zona euro. «Per Rutte ogni Paese deve essere responsabile della propria politica economica, soprattutto quelli che spendono troppo ai quali vorrebbe che Bruxelles imponesse importanti riforme strutturali», ci dice un suo stretto collaboratore davanti a un boccale di birra al Caffè Dudok, a pochi metri dall’antica Binnenhof, il castello quattrocentesco che ospita il parlamento dell’Aia. «Del resto, all’inizio del mese, l’Olanda assieme ad altri sette Paesi del Nord Europa ha respinto le riforme volute da Parigi perché considerate “troppo ambiziose”».
Ex enfant prodige della politica olandese, Rutte, 51 anni, ne ha soltanto 16 quando decide di abbandonare una promettente carriera di pianista per entrare nella formazione centrista del Partito per la libertà e la democrazia (VVD). Appena laureato in Storia alla prestigiosa università di Leida viene assunto come direttore del personale dalla multinazionale Unilever che lascerà nel 2002 per partecipare al primo governo di Jan Peter Balkenende come sottosegretario agli Affari sociali. Nel 2010, a 43 anni, diventa il più giovane primo ministro olandese. Quest’uomo che si è sempre proclamato un fervente ammiratore delle due icone dei conservatori britannici – Winston Churchill e Margaret Thatcher – conduce da sempre uno stile di vita assai modesto.
«Ancora insegna nella scuola di un quartiere disagiato dell’Aia, possiede un’auto usata e un vecchio cellulare, abita ancora nell’appartamento che acquistò quand’era studente. Ogni martedì invita a cena in un ristorante indonesiano la sua anziana madre», racconta il suo collaboratore.
Per la sua abilità ad adattarsi alle situazioni più difficili, gli olandesi lo chiamano il “Camaleonte”. Nel 2016, dopo il successo del referendum contro l’accordo europeo con l’Ucraina riuscì, per esempio, a strappare in extremis un emendamento che gli ha consentito di scavalcare il voto anti-Ue. E dopo la vittoria della Brexit in Gran Bretagna e di Trump negli Stati Uniti, alle legislative dello scorso marzo è stato il primo a fermare l’onda populista incarnata nei Paesi Bassi dal candidato xenofobo Geert Wilders. Sette mesi dopo ha finalmente varato il Rutte III, che prevede più mezzi alla polizia, l’esperimento di coltivazioni di cannabis sotto il controllo dello Stato e meno tasse per i lavoratori e per le imprese. Al momento, il suo terzo mandato è un percorso senza errori, a parte la nomina a ministro degli Esteri dell’ex contractor della Shell, Halbe Zijlstra, costretto a dimettersi per essersi inventato un incontro nel 2006 con Vladimir Putin nella sua dacia privata. Ma può Rutte diventare il leader di una fronda europea a una possibile diarchia franco-tedesca? In un’intervista rilasciata ieri a Le Monde il premier olandese strizza l’occhio anche all’Italia accusando il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, di aver trattato Parigi con più indulgenza di Roma sul tetto del 3% nel rapporto deficit-pil.