Il Sole 24 Ore, 21 marzo 2018
Nucleare, Iran e affari: il tour americano del principe saudita Mbs
Parole di stima e amicizia reciproca. Impegni a rafforzare le relazioni,anche commerciali. Condanne unanimi contro l’Iran. Le dichiarazioni rilasciate dal presidente americano Donald Trump e dal principe reggente saudita Mohammed Bin Salman (conosciuto anche come Mbs) nella tradizionale foto di rito erano del tutto prevedibili. Si sa molto poco, invece, di ciò che i due leader hanno discusso nello Studio Ovale.
Probabilmente sarà stato toccato il tema della “scottante” quotazione di Saudi Aramco. D’altronde lo stesso Trump ha sempre cercato di convincere il principe saudita, nominato erede al trono lo scorso giugno a soli 32 anni, a scegliere la Borsa di New York per quella che fino a poco tempo fa si profilava come l’Ipo del secolo; la quotazione del 5% della compagnia petrolifera più grande del mondo. E probabilmente dovrà attendere, ridimensionando le sue aspettative. Troppi gli interessi in gioco, troppi gli ostacoli normativi che spaventano i sauditi. Se ne riparlerà nel 2019, sempre che Riad scelga davvero una Borsa internazionale e non ceda alla tentazione di vendere direttamente ai cinesi.
«Siamo divenuti grandi amici in un tempo davvero breve», ha dichiarato Trump durante le foto, aggiungendo: «Le nostre relazioni non potranno che migliorare». Dopo aver sottolineato la finalizzazione di un contratto da 16 miliardi di dollari per la fornitura di aerei, missili e fregate americane, Trump ha plaudito agli «enormi investimenti effettuati nel nostro Paese, che significano posti lavoro». Poi è arrivata l’inevitabile stoccata al dossier nucleare iraniano, definito più volte da Trump il «peggior accordo mai concluso dagli Stati Uniti». «In Iran stanno accadendo molte cose orribili. L’accordo si delineerà in un mese e vedremo cosa salterà fuori. Vedrete cosa farò». Più contenuto il principe saudita, che, al di là dei sorrisi e delle parole di elogio, ha rassicurato che il mercato del petrolio resterà «stabile», ventilando possibilità di investimenti sauditi fino a 400 miliardi di dollari.
Non si discuterà solo dell’Iran. Il lungo viaggio (tre settimane) che Mbs sta compiendo in questi giorni negli Stati Uniti, presenta un’agenda molto ricca. Nella quale spicca un argomento”caldo”: il programma nucleare saudita. Non è una novità. Già dal 2010 Riad ha avviato un programma per fini civili che prevede la costruzione di 16 reattori entro il 2030, (anche se il primo dovrebbe entrare funzione nel 2022). La motivazione è la stessa di quella da tempo sbandierata dai rivali iraniani; creare energia pulita per i crescenti consumi interni e avere più petrolio destinato all’export. Eppure la dichiarazioni rilasciate prima del viaggio da Mbs non sembrano ispirate a un uso pacifico dell’atomo: «Se l’Iran avrà la bomba atomica, la svilupperemo anche noi, il prima possibile». Per non avvantaggiare i concorrenti britannici, francesi, giapponesi e cinesi, Trump intenderebbe concludere un accordo di cooperazione sul nucleare civile con Riad. A condizione che i sauditi non arricchiscano l’uranio, passo che li porterebbe in breve tempo a fabbricare un ordigno nucleare. Il fatto che Riad,come Teheran, sia un Paese firmatario del Trattato di non proliferazione non suona tuttavia come una garanzia.
Oltre all’Iran, sul fronte geopolitico l’agenda di Mbs passerà in rassegna la guerra in Yemen, l’embargo sul Qatar, per poi affrontare la guerra in Siria e il processo di pace israelo-palestinese. Bin Salman desidera ripulire la sua immagine agli occhi dei politici e dell’opinione pubblica americana (molto critica per la crisi umanitaria scatenata dalla campagna militare saudita in Yemen e per le violazioni dei diritti umani in Arabia), presentandosi come il principe riformatore. Nella speranza di persuadere i business americani,ancora perplessi, che il suo cammino verso le riforme è genuino e concreto. E quindi ottenere parte di quei colossali investimenti necessari a realizzare “Vision 2030”, il faraonico piano per cambiare volto all’economia saudita. Affrancandola, almeno in parte, dalla dipendenza dal greggio, puntando su turismo e nuove tecnologie. Certo, la controversa retata anti-corruzione di novembre, culminata nell’arresto di almeno 200 businessmen, principi e politici sauditi, non ha rassicurato gli investitori stranieri.