Il Sole 24 Ore, 22 marzo 2018
Abu Dhabi crea un maxi fondo sovrano
Chiamatelo effetto Petrolio: ad Abu Dhabi, la prospera capitale degli Emirati Arabi (che anni fa ha pure salvato la cugina Dubai dal crack), è tempo di mettere ordine nelle tante compagnie controllate dallo Stato, che poi coincide con la famiglia regnante dell’Emiro Al Nayan. Negli Emirati è iniziato uno snellimento, anche nella finanza.
Quando l’Oro Nero viaggiava a 100 dollari, gli emiri avevano budget senza limiti; poi con il crollo (e un parziale recupero) del barile,anche nel Golfo Persico è partita una sorta di «spending review». In questo caso è una razionalizzazione che però fa nascere un colosso finanziario: l’unione di due dei suoi fondi sovrani crea un gigante da 250 miliardi di dollari di potenza di fuoco. Adic, l’Abu Dhabi Investment Council, che porta in dote 123 miliardi di asset in gestione, verrà inglobato dentro Mubadala.
La decisione è arrivata direttamente dal «govern atore» di Abu Dhabi, il principe ereditario Shaikh Mohammad Bin Zayed Al Nahyan che è anche il presidente della stessa Mubadala che così diventerà il più grosso fondo sovrano di Abu Dhabi. «È un ulteriore sforzo per diversificare l’economia degli Emirati e renderli meno dipendenti dal petrolio» ha spiegato lo stesso sceicco. Già nei mesi scorsi altri matrimoni nella finanza erano stati celebrati: le due più grandi banche dell’emirato, la National Bank of Abu Dhabi e First Gulf Bank, si sono unite lo scorso anno per dare vita alla First Abu Dhabi Bank. E il primo azionista della nuova banca nata dalla fusione era proprio Adic, con il 33%: ora dunque Mubadala sarà il nuovo proprietario dell’istituto. Nel portafoglio di Mubadala, che ha partecipazioni nel mondo dalla casa discografica Emi al produttore di microchip Amd, finiscono anche delle quote nella Abu Dhabi Commercial Bank e nella Abu Dhabi National Hotels.
La nascita della «Super Mubadala» investe anche l’Italia perché Mubadala ha interessi strategici: è il primo azionista di Unicredit, la seconda banca del paese, con una quota del 5%. E da anni è proprietaria della Piaggio Aero Industries, che però pare voglia vendere, tra mille polemiche, a una cordata cinese. Di recente, inoltre, la neonata divisione Mubadala Petroleum, che è nata dall’assorbimento della vecchia Ipic, International Petroleum Investment Company, è entrata in affari con l’Eni: la compagnia petrolifera di Stato italiana ha ceduto il 10% della concessione di Shorouk, al largo delle coste dell’Egitto, dove si trova il giacimento di gas super-giant «Zohr». Eni, attraverso la sua controllata Ieoc, detiene attualmente una quota di partecipazione nel blocco del 60%; gli altri partner sono i russi di Rosneft con il 30% e gli inglesi di Bp con il 10%. Come contropartita il Cane a Sei Zampe ha ottenuto negli Emirati una quota del 5% nel giacimento petrolifero di Lower Zakum e una quota del 10% nei giacimenti oil, condensati e gas di Umm Shaif e Nasr, tutti in mare aperto.