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 2018  marzo 22 Giovedì calendario

Il monsignore della rivoluzione nei media di Dio

CITTÀ DEL VATICANO Ha lavorato tutto il giorno nel suo ufficio in via della Conciliazione 5 come se nulla fosse, monsignor Dario Edoardo Viganò. Ai suoi ha letto semplicemente sia la lettera che ha scritto a Francesco chiedendo di accogliere le dimissioni sia la risposta del Papa.
Quest’ultima, in particolare, l’ha molto rasserenato: il Papa ha riconosciuto la bontà del suo lavoro e gli ha creato il posto di assessore dentro la stessa Segreteria per la Comunicazione.
Le dimissioni non sono cosa usuale in Vaticano. In scandali che hanno assunto dimensioni anche più gravi, nessuno dei prelati d’Oltretevere ha deciso di fare un gesto che, a conti fatti, dice molto del carattere di questo monsignore nato a Rio de Janeiro, ma di origini brianzole. Chi lo conosce lo descrive come un uomo che non ama le mezze misure, o tutto o niente, di qui la rinuncia senza ripensamenti: «Non voglio danneggiare la riforma, mi faccio da parte», ha scritto a Francesco.
Portato entro le mura leonine da Benedetto XVI il 22 gennaio del 2013 come direttore del Centro televisivo vaticano (Ctv), pochi giorni prima l’annuncio della sua rinuncia al pontificato avvenuta l’11 febbraio, Viganò, oggi 55enne, è riuscito da subito a instaurare un legame di ferro con Francesco, che si è fidato in tutto e per tutto di lui, dandogli le chiavi della riforma dei media. Più volte Papa Bergoglio e i cardinali del C9 l’hanno ascoltato relazionare sui contenuti di questa stessa riforma, sempre approvandoli.
Amante del cinema – insegna Linguaggi e mercati dell’audiovisivo alla Luiss, mentre per oltre un decennio è stato presidente della fondazione Ente dello Spettacolo e direttore della Rivista del Cinematografo, nonché docente alla Pontificia Università Lateranense – è descritto come un esteta, il culto del bello finanche nella scelta degli arredi del suo ufficio, tutti mobili bianchi non proprio consueti nelle antiche stanze della Santa Sede.
La ricerca del bello è figlia anche delle frequentazioni dell’artista e presbitero sloveno Marco Rupnik. «Don Dario», come lo chiamano tutti in Vaticano, ha partecipato a suoi esercizi spirituali e dalla sua teologia “artistico-mistica” non si discosta mai: la bellezza silenziosa dei puri colori, l’amore per Kandiskij, la conversione per l’arte figurativa dopo lo studio delle icone orientali. Viganò prova da subito a lavorare per la purezza delle immagini al Ctv, siglando accordi che portano la Santa Sede a trasmettere per la prima volta in Ultra Hd e oltre. E poi producendo documentari nei quali al centro non c’è tanto la figura del Papa, quanto la bellezza dell’arte vaticana, sculture, quadri, immagini che elevano a Dio.
La giornata di ieri è stata vissuta da Viganò con questo distacco maturato anche negli anni della formazione ambrosiana con l’arcivescovo Carlo Maria Martini. In molti gli hanno manifestato vicinanza, fra questi don Ivan Maffeis, capo della comunicazione della Cei: «A don Dario l’Ufficio e il sistema dei media Cei sono legati da un’amicizia che va oltre la collaborazione operativa. In questo passaggio delicato, nel rinnovargli la nostra gratitudine gli siamo particolarmente vicini, certi che il processo di riforma intrapreso continuerà».