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 2018  marzo 22 Giovedì calendario

La Camera al M5s, il Senato a Forza Italia

Con l’insediamento dei nuovi parlamentari domani inizia ufficialmente la XVIII legislatura. E il primo passo sarà l’elezione dei presidenti di Camera e Senato.  

E sappiamo già chi saranno?
No, ma da ieri sappiamo come saranno spartite le poltrone: ai Cinque Stelle quella di Montecitorio e al centro-destra quella di Palazzo Madama. Un accordo frutto di lunghe trattative all’interno del centrodestra, dove la situazione è parecchio tesa. Forza Italia, uscita indebolita dal voto del 4 marzo, teme che Salvini rompa il patto per andare al governo, anche perché è lo stesso Salvini che da giorni lascia intendere pubblicamente che potrebbe aprire a un possibile governo con il M5s. Inoltre sembra sia in atto al Sud una campagna acquisti condotta sottotraccia dalla Lega. Il Carroccio, in queste ore, sta imbarcando personale politico utile a rafforzare la leadership di coalizione conquistata con il voto politico.  

Quindi il centro-destra sta per rompersi?
Per il momento no. Anzi, ieri a Palazzo Grazioli Berlusconi, Salvini e Meloni si sono incontrati, hanno pranzato e, dopo oltre due ore, hanno annunciato che «il centrodestra propone ai capigruppi parlamentari un comune percorso istituzionale che consenta alla coalizione vincente (il centro-destra) di esprimere il presidente del Senato e al primo gruppo parlamentare M5s il presidente della Camera». La nota invitava poi le altre forze politiche a un incontro congiunto per la definizione dell’accordo, invito a cui il Pd ha subito detto no («Non partecipiamo a incontri i cui esiti sono già scritti»). Il candidato del centro-destra per la presidenza del Senato dovrebbe essere Paolo Romani di Forza Italia, o in alternativa Anna Maria Bernini, anche lei forzista. Un punto per Berlusconi, che però ha dovuto cedere a Salvini sulla candidatura in Friuli Venezia Giulia, dove si voterà per scegliere il presidente della regione il prossimo 29 aprile. Correrà Massimo Fedriga, fedelissimo del leader leghista, e non il berlusconiano Renzo Tondo.   • Per la Camera invece?
Il M5s punta su Riccardo Fraccaro, che nella passata legislatura s’è battuto per l’abolizione dei vitalizi. Oppure su Roberto Fico, che finora s’è dichiarato poco disposto ai compromessi e difensore della purezza iniziale del Movimento, e sarebbe quindi sostenuto dallo stesso Beppe Grillo. Ma mentre al Senato dalla terza votazione basta la maggioranza semplice per eleggere il presidente, Di Maio a Montecitorio avrà bisogno del 50%+1 dei voti, e non è detto che sia così semplice ottenerlo. A guidare le votazioni a Montecitorio sarà Roberto Giachetti del Pd, vicepresidente della Camera nella scorsa legislatura, mentre a Palazzo Madama toccherà a Giorgio Napolitano in qualità di senatore più anziano. A margine del totonomi, è doveroso ricordare che fare il presidente di una delle due Camere è un lavoro difficile e impegnativo. Come ha scritto Antonio Polito sul Corriere della Sera «un presidente deve garantire pari dignità e accesso a tutti i parlamentari. Si svolge sulla base di regolamenti lunghissimi e dettagliatissimi, con alle spalle uffici competentissimi e potentissimi. A una matricola riesce difficile imparare il mestiere in pochi anni, figuriamoci in pochi mesi. Ci sarà una ragione se Laura Boldrini e Pietro Grasso, assoluti principianti del Parlamento cinque anni fa, non sono mai stati percepiti come super partes nel corso della legislatura; e meno che mai nel finale di legislatura, quando hanno scelto di fondare e guidare un partito».  

E
quando cominciano le consultazioni al Quirinale? 
Prima bisogna eleggere i capigruppo che, con i leader dei partiti, andranno al Colle. Dopo Pasqua, il 3 aprile, avranno inizio le consultazioni: Mattarella ascolterà le forze politiche e poi, probabilmente il 9 aprile, deciderà a chi dare l’incarico per formare il governo. L’incarico potrà essere esplorativo, se la situazione è incerta come appare adesso. Altrimenti si tratterà di un mandato pieno.  

Si è mosso qualcosa sul fronte delle alleanze di governo?
Nonostante l’accordo per l’elezione dei presidenti delle camere, il resto rimane bloccato. La notizia principale degli ultimi giorni è che Berlusconi sarebbe disposto a favorire la nascita di un governo a guida grillina pur di non tornare subito al voto. «Noi non abbiamo preclusioni nei confronti del Movimento e pensiamo si possa trovare un’intesa su un governo di programma», ha fatto trapelare il Cavaliere ai giornali. L’ipotesi è stata confermata ieri da Giovanni Toti («Un governo con i 5 stelle? È una soluzione»). Il problema è che l’offerta è irricevibile per quelli del M5s che perderebbero la faccia con i loro sostenitori facendo un governo con Berlusconi, per Grillo e i suoi «il male assoluto». E poi chi dovrebbe guidare questo governo formato da M5s, Forza Italia e Lega? Il Movimento finora è stato intransigente su questo punto: l’unico governo possibile per loro è quello con Di Maio premier. E Salvini non sembra disponibile a un ruolo di secondo piano. Ci aspettano giorni di tattiche, indiscrezioni e trattative per lo più inutili. A chi ipotizza un governo del Presidente con arruolamento di parlamentari a destra e sinistra, dal Colle hanno già fatto sapere che «non esiste alcun partito di Mattarella».