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 2018  marzo 20 Martedì calendario

La mostra che farà infuriare la Boldrini

Ah, ma allora era tutta una Balla la storia della minaccia fascista e dell’Onda Nera incombente. Ed era tutta una Balla l’intenzione di sbarazzarsi non solo di gadget evocanti il Duce, ma addirittura dei capolavori dell’arte e dell’architettura relativi al Ventennio. 
Finite le elezioni, la sinistra deve essersi accorta che non esiste alcun pericolo nero e che il gridare al fascista non paga affatto in termini elettorali, se si considerano le performance imbarazzanti di Pd e compagni più a sinistra come quelli di Leu... E allora ecco che si può, anzi si deve, tornare a celebrare i capolavori fascisti perfino in regioni rosse, amministrate da giunte rosse, che fino all’altro ieri hanno provato a cavalcare il filone del rischio di un ritorno del Pelatone. E questo con buona pace della Boldrini, che magari in cuor suo continua a sognare monumenti abbattuti, scritte rimosse e sculture demolite, in quanto potenzialmente “offensivi” verso i partigiani... 
In questo clima giunge più che meritoria l’iniziativa della Casa d’arte San Lorenzo che, a partire da sabato 24 marzo fino al 15 aprile, organizzerà a San Miniato (Pisa), all’interno di Palazzo Grifoni, sede della Fondazione Carismi, la mostra Balla e il ’900 dedicata al grande artista Giacomo Balla, in occasione dei 60 anni dalla sua morte. L’esposizione, curata dal critico d’arte Luca Nannipieri e caratterizzata da una trentina di opere provenienti da collezioni private (messe in parallelo alle testimonianze di altri artisti coevi, da De Chirico a De Pisis, da Morandi a Severini), intende recuperare tutte le fasi artistiche del Balla scultore e pittore, partendo dal periodo futurista, attraversando il periodo astrattista e giungendo infine agli anni della sua adesione convinta al fascismo. 
L’IDEALE 
Quest’ultima fase, che coincide con le sue produzioni di arte figurativa, è testimoniata dalla presenza di opere come il bronzo intero inneggiante al Mussolini vittorioso, ma anche dalla riproduzione in anastatica di articoli firmati da Balla a sostegno del fascismo, come quello pubblicato sul quotidiano L’Impero in cui scriveva: «Il Duce ha aperto la via all’arte nuova la quale, ispirata dall’Ideale Fascista, saprà esaltare i grandi avvenimenti». 
La dimostrazione di «un’adesione ideale di Balla al fascismo», come ci dice Nannipieri, sulla base della convinzione che «nell’Italia sfasciata del Dopoguerra solo il fascismo potesse dar vita a una rinascita civile». E insieme la riprova della sua persuasione di un legame strettissimo e reciproco tra arte e ideologia, in cui il cambio di regime politico potesse beneficiare le opere della creatività, e il genio artistico a sua volta potesse migliorare lo stato di civiltà nel Paese. 
Una fedeltà al regime che Balla mantenne anche più avanti: se nel 1926 realizzò la suddetta statua di bronzo, consegnata direttamente al Duce e recante la scritta «Sono venuto a dare un governo all’Italia» (che sia un monito per l’Italia di oggi senza un governo?), nel 1933 l’artista realizzava, sul verso di una sua tela, Velocità astratta, il dipinto intitolato Marcia su Roma, raffigurante Mussolini circondato dai quadrumviri e da altri gerarchi, in una posa frontale che evocava sebbene con ben altro contenuto ideologico Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Anche nel 1937, quando Balla con una lettera aperta si dichiarò estraneo alle attività futuriste e tornò al realismo, rinnegò se stesso solo a livello artistico ma non a livello ideologico al punto che, fa notare Nannipieri, «fino al 1958, l’anno della sua morte, non sconfessò mai la sua adesione al fascismo». 
LA BELLEZZA 
L’aspetto interessante di questo recupero del Balla in camicia nera, oltre al fatto che, come avverte il curatore, «si potrà assistere a un Balla non epurato, come è avvenuto ad altri artisti del primo Novecento», è che la mostra è patrocinata da Regione Toscana e Provincia di Pisa, con il sostegno del Comune di San Miniato, tre enti cioè guidati da ex comunisti. Se Provincia e Comune sono amministrate dai dem, addirittura alla Regione c’è Enrico Rossi di LeU, colui che, nei mesi scorsi, aveva parlato di «un rigurgito di fascismo preoccupante» e invocato l’avvento di «un antifascismo più forte, più militante». 
Felici nel sapere che il Governatore e i suoi sodali abbiano avuto l’intelligenza di distinguere i capolavori dell’epoca dall’avversione per l’ideologia politica allora dominante, e saputo riconoscere la grande concentrazione di geni che in quel periodo maturò e di cui Balla fu espressione esemplare. Ma resta un quesito di fondo. Se il fascismo è tutto da buttare, come pensano la Boldrini e lo stesso Mattarella, come è possibile che sia stato capace di generare anche tanta bellezza?