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 2018  marzo 21 Mercoledì calendario

Missione ai confini del Sole

A Nicola Fox le si illuminano gli occhi quando parla del Sole. Il tono della voce si alza e le parole prendono a scorrere veloci. Non è una ragazzina, ma sembra le sia rimasto qualcosa dell’entusiasmo adolescenziale. La incontriamo ad Austin, in Texas, durante il festival “South by Southwest” fra musica, cinema e tecnologia. È venuta a raccontare la prima missione della Nasa verso la nostra stella, inserendosi in un programma denso di concerti, proiezioni, incontri con registi del calibro di Steven Spielberg o personaggi carismatici come Elon Musk, a capo di Tesla e SpaceX. Tutto ci si sarebbe aspettato meno di vedere file interminabili anche per ascoltare una scienziata. E invece per Nicola Fox la sala conferenze si riempie in un attimo. «Sono sessant’anni che progettiamo di mandare una sonda ad osservare il Sole», racconta. «Ma fino ad oggi non avevamo la tecnologia». Fox, nata in Inghilterra poco lontano da Londra, aveva nove mesi quando Neil Armstrong mise piede sulla Luna. Da allora, stando a quanto le ha detto il padre, non ha mai smesso di stare con il naso all’insù. Oggi lavora alla Johns Hopkins University nel laboratorio di fisica applicata, dove dirige il progetto della sonda Parker che fra luglio e agosto, quando ci saranno le condizioni migliori, dal Kennedy Space Center in Florida un vettore lancerà nello spazio. Dopo aver sfruttato il campo gravitazionale di Venere, a novembre si avvicinerà al Sole per poi compiere una serie di orbite eccentriche con passaggi sempre più prossimi alla nostra stella.
«Questa è l’unica delle dodici missioni immaginate dall’astrofisico James Van Allen dopo il lancio del primo satellite Explorer che ancora non è stata compiuta. Parliamo di sessanta anni fa esatti», prosegue Nicola Fox. Per guardare il Sole insomma, bisogna guardare al passato. Al 1958 per l’esattezza, quando Van Allen pensò la missione e il collega Eugene Parker, allora trentenne, pubblicò il suo studio sulla corona solare. Lui ha sempre sognato di poterla osservare da vicino, ma negli anni la Nasa ha visto naufragare diversi progetti per le difficoltà tecniche. Gli studi di Parker sono una pietra miliare sul sistema complesso del Sole. È stato fra i primi a cercare di spiegare come mai la corona è più calda della superficie e la sonda che gli è stata intitolata e che lui ha potuto toccare con mano due mesi fa a 90 anni, dovrà capire se ha ragione su corona, venti solari e particelle ad alta energia.
«Alla luce servono otto minuti per coprire la distanza fra Terra e Sole», continua la scienziata inglese. «Quindi non c’è alcuna possibilità di pilotare Parker da qui in tempo reale nel caso servisse compiere una certa manovra. Dovrà tenere il suo scudo sempre puntato sulla stella, per proteggere il suo corpo e gli strumenti che ospita, per questo ha un’intelligenza ed è in grado di ripararsi in caso subisse dei danni. Nessuna sonda della Nasa ha mai avuto un tale grado di autonomia. Sarà velocissima, parliamo di 700 mila chilometri all’ora, e passerà a sette milioni di chilometri dalla superficie del Sole. Possono forse sembrare tanti ma non lo sono: se si mettesse la Terra a un metro dal centro del nostro sistema, è come se Parker quel centro lo sorvolasse a quattro centimetri di altezza».
La maestosità del Sole, a una tale distanza, qui sulla Terra possiamo solo vagamente immaginarla o al limite rifarci a film come Sunshine di Danny Boyle che raccontava di una spedizione analoga ma con equipaggio umano. Parker sfiorerà gli archi di plasma che si allungano nella corona per milioni di chilometri attorno alla stella e che rispetto agli oltre cinquemila gradi della superficie sono molto più caldi. Ma c’è differenza fra calore e temperatura, spiega la scienziata della Nasa, ed essendo il plasma rarefatto, la sonda dovrà affrontare picchi di “appena” mille e trecento gradi. Il suo scudo in carbonio da undici centimetri può tollerarlo con tranquillità. «Al punto che siamo certi che il resto della sonda opererà a venti gradi massimo», ci spiega Elizabeth Congdon, l’ingegnere che alla Nasa ha lavorato alla realizzazione dello scudo e dei pannelli solari che si distenderanno a distanza di sicurezza per poi richiudersi quando Parker è nei pressi della corona. Dovrà analizzare molto per capire un po’ di più di quel che accade al Sole e l’impatto che ha sulla Terra. Per magari arrivare a prevedere fenomeni pari alla tempesta geomagnetica che nel 1967 mandò fuori uso tutti gli strumenti radio terrestri.
Sono più di dieci anni che Fox e Congdon portano avanti questo progetto. L’agitazione che in apparenza ricordava l’adolescenza, è la fibrillazione di un adulto vicino a un giro di boa esistenziale. Questa loro avventura professionale, se tutto va bene, nel complesso occuperà a entrambe (e a tutti quelli che hanno collaborato) ben 17 o 18 anni delle loro vite. Il viaggio di Parker è stato concepito quando il primo iPhone doveva ancora uscire. Finirà quando l’Inghilterra sarà definitivamente fuori dall’Europa da almeno quattro anni. La loro esistenza scorre in maniera anomala rispetto alla nostra: mentre fuori dal laboratorio passano le decadi e il mondo evolve, dentro si resta attaccati a un progetto e con esso si cresce e si invecchia.