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 2018  marzo 20 Martedì calendario

La dieta del Neolitico? A base di nocciole di Novi

L’industriale Flavio Repetto, titolare del colosso dolciario Novi e convinto sostenitore della riconversione agricola della zona alla coltivazione della nocciola, sarà felice di sapere che a poche centinaia di metri dal suo stabilimento di Novi Ligure, nel basso Pieve, nell’area interessata dai lavori per il Terzo valico sono stati rinvenuti resti del Neolitico antico risalenti a circa 7 mila anni fa dove il nocciolo aveva un ruolo centrale. Lo ha spiegato Marica Venturino, archeologa del Mibact, in una conferenza ad Arquata Scrivia che ha aperto un ciclo di incontri con la Soprintendenza archeologica del Basso Piemonte, l’Unitre Arquata e Libarna Arteventi.
I ritrovamenti
«Per la verifica preventiva dell’interesse archeologico prevista dalla legge – spiega Venturino -, all’inizio dei lavori per il Terzo valico abbiamo effettuato degli scavi proprio sotto la chiesa della Pieve a Novi. L’area era a rischio archeologico perché già durante i lavori per la costruzione di un metanodotto, nel ’94, erano stati rinvenuti reperti della cultura dei vasi a bocca quadrata (Neolitico medio, V millennio a. C.)».
Le nuove tornate di scavi hanno permesso di individuare resti dell’antico piano di campagna, stretture a fossa con riempimenti ricchi di materiale archeologico (ceramica e strumenti in pietra scheggiata e levigata) e resti paleobotanici (frutti e semi) carbonizzati che sono fra i più antichi della regione e che riportano le lancette della storia ai primi «colonizzatori» del Piemonte.
Uomini che basavano la loro sopravvivenza su agricoltura e allevamento del bestiame, come conferma Venturino: «Quanto rinvenuto e soprattutto la presenza di numerose schegge di scarto della lavorazione di ciottoli di pietra verde, reperibili nell’alveo del Lemme e della Scrivia, ci fanno ipotizzare un’area di lavorazione per la produzione di lame di ascia levigate».
Il clou del rinvenimento è nelle indagini di paleobotanica condotte da Daniele Arobba (Museo di Finale Ligure): analizzando i resti carbonizzati, si sono riconosciuti i tipi di legname bruciato nei focolari e si è notato che il nocciolo non veniva usato per il fuoco. «Gli antichi bruciavano i gusci delle nocciole ma non tagliavano le piante per usarle come combustibile – continua l’archeologa -: ne avevano un riguardo particolare perché ne mangiavano i frutti. Per quel che abbiamo potuto intuire, la nocciola aveva una parte fondamentale nell’alimentazione perché la sua presenza è sproporzionata rispetto a piselli, orzo o grano».
Insomma, nel basso Pieve, 7 mila anni fa, quel frutto, che è alla base dell’industria dolciaria di Novi, era già coltivato in maniera forse intensiva, in una sorta di albero genealogico arrivato ai nostri giorni.