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 2018  marzo 20 Martedì calendario

Il nodo della super assicurazione per i robot che commetteranno reati

Di chi è la colpa per quanto accaduto in Arizona? Soprattutto: chi risponderà, nei prossimi anni, dei reati commessi da robot sempre più sofisticati, che saranno quasi 3 milioni entro la fine del 2019? Altro scenario: cosa accadrà, o accadrebbe, se si rivelasse fuorviante la diagnosi di Ibm Watson Health, sistema d’intelligenza artificiale che immagazzina un oceano di dati estratti da riviste scientifiche fornendo una diagnosi «sicura al 97,5%» nel momento in cui s’inseriscono i parametri d’un paziente? E se un medico prescrivesse una terapia storta poiché a sua volta sceglie di dissentire dalla macchina, sarebbe più o meno censurabile? Immaginiamo invece che Jibo, family robot progettato al Mit e già sul mercato – si può acquistare online a poco più di 650 euro – oltre a interagire con i suoi familiari umani grazie a due fotocamere e un microfono a 360 gradi, faccia guai con una videochiamata indebita o spinga i proprietari a spendere (troppi) soldi: chi risarcisce?
Roberto Cingolani, direttore dell’Istituto italiano di tecnologia, la mette giù chiara: «Gli americani sono più leggeri, mentre in Europa prevale il modello tedesco (in Germania esistono 3 robot ogni 1.000 lavoratori, la media nel vecchio continente è 1,9 ogni 1.000, ndr). Quindi approccio ultra-legal, direi burocratico, proposta di commissioni e il rischio di perdersi. Negli Usa occorre pensare alle auto autonome (secondo gli analisti di Ihs Markit saranno 33 milioni nel 2040, ndr), da noi certe sperimentazioni si materializzeranno più avanti e semmai si vacilla sulla conservazione sicura al 100% dei dati immagazzinati dagli enti pubblici». Un primo via libera ai veicoli autosufficienti è arrivato in realtà con un decreto firmato dal ministro dei Trasporti Graziano Delrio due settimane fa, ma i tempi per i test saranno dilatati. Chiude Cingolani: «Saremmo già a buon punto risolvendo un quesito generale: il robot è un minorenne che sbaglia per negligenza del padre-progettista? Un animale di cui dà conto il padrone? O un prodotto riconducibile solo al costruttore?».
Il nodo è «sottovalutato» in Italia secondo Andrea Bertolini, professore associato alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e tra i principali studiosi della materia, «ma non tutti i mali vengono per nuocere e l’inquadramento dovrà essere centralizzato. Se due nazioni hanno leggi differenti, ciò non modifica geneticamente alla nascita gli abitanti. Se però la responsabilità dei robot è trattata diversamente, saranno prodotte tecnologie a immagine e somiglianza delle singole legislazioni: sarebbe il caos».
La “Costituzione” Ue resta la risoluzione del Parlamento europeo varata nel febbraio di un anno fa. Fissati i paletti per definire un robot «intelligente», si chiede ai vari Paesi di rendere obbligatoria un’assicurazione speciale e condivisa per produttori e proprietari, di creare un fondo internazionale che copra i danni di chi non è in regola, d’istituire un registro unico. L’Italia il 17 luglio ha provato ad aggiornarsi con un dossier del Comitato nazionale di bioetica. Che invita sì a non inventare «nuove categorie giuridiche» sovrapponendo troppo la macchina all’uomo, ma spinge per l’armonizzazione e l’estensione delle assicurazioni. Il perché ce lo ha spiegato la tragedia in Arizona.